12 agosto 2018

da “Crocevia” - Mario Vargas Llosa

da “Crocevia” - Mario Vargas Llosa

Si era svegliata o stava ancora sognando? il calore sopra il collo del piede destro c’era ancora, una sensazione insolita che le faceva venire la pelle d’oca dappertutto e le rivelava che non era sola in quel letto. I ricordi accorrevano in massa ma si riordinavano nella sua testa a poco a poco, come un cruciverba che si riempie lentamente. Dopo cena si erano divertite, brille per via del vino, passando dal terrorismo ai film e ai gossip sui personaggi pubblici ma, all’improvviso, Chabela aveva guardato l’orologio ed era scattata in piedi, pallida: - Il coprifuoco! Oddio, non riesco più ad arrivare in tempo alla Rinconada! Come è possibile che abbiamo perso di vista l’ora? – Marisa aveva insistito perché si fermasse a dormire da lei. Non sarebbe stato un problema, Quique era ad Arequipa per una riunione del consiglio di amministrazione al birrificio l’indomani mattina presto, e loro avrebbero avuto a disposizione tutto l’appartamento sul Golf. Chabela aveva chiamato il marito. Luciano, sempre molto comprensivo, le aveva detto che andava bene, che si sarebbe occupato lui di far uscire le bambine puntuali per prendere lo scuolabus. Chabela doveva rimanere senz’altro da Marisa, era meglio che farsi arrestare da una pattuglia per non aver rispettato il coprifuoco. Maledetto coprifuoco. Ma, certo, il terrorismo era peggio.
Chabela si era fermata a dormire da lei, e adesso Marisa sentiva la sua pianta sul proprio collo del piede destro: una lieve pressione, una sensazione morbida, tiepida, delicata.  Com’era accaduto che si trovassero così vicine in un letto matrimoniale talmente grande che, quando l’aveva visto, Chabela aveva scherzato: - Dimmi un po’, Marisita, in quanti ci dormite dentro questo letto gigantesco? – Ricordò che si erano sdraiate ognuna dalla propria parte, ad almeno mezzo metro di distanza. Chi delle due si era spostata talmente tanto nel sonno che l’estremità di Chabela posava sul suo collo del piede?
Non osava muoversi. Tratteneva il respiro per non svegliare l’amica, per non rischiare che si ritraesse e facesse svanire la sensazione piacevole che, dal collo del piede, si espandeva nel resto del suo corpo, rendendola tesa e concentrata. A poco a poco scorse, nelle tenebre della camera da letto, alcune lame di luce nelle fessure delle tapparelle, l’ombra del comò, la porta dello spogliatoio, quella del bagno, i rettangoli dei quadri alle pareti, il deserto con il serpente donna di Tilsa, la stanza con il totem di Szyslo, la lampada a stelo, la scultura di Berrocal. Chiuse gli occhi e rimase in ascolto: molto lieve ma ritmato, così era il respiro di Chabela. Dormiva, forse stava sognando, quindi era stata lei, senza dubbio, che si era avvicinata nel sonno al corpo sell’amica.
(…)
Traduzione di Federica Niola
Giulio Einaudi Editore s.p.a. Torino 2016

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