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30 settembre 2015

Da "Faust" - Fernando Pessoa

opera di Edson Campos

Da "Faust" - Fernando Pessoa
 
"Dubiti Amore Mio?
Temi forse che la mia timidezza
che viene dall’Amore, io non so come, sia
indifferenza.. NO.. ah, non pensarlo!
Io non ho l’osare nè l’ardore
di certe donne, tremo di me stessa
e del mio amore, e non lo so perché….
Ma ti amo…
Se ti amo perchè dubiti di me?
Ah Faust, se le parole
possono portare in sè l’anima,
se l’amore questo amore come io lo sento,
lo si può dire senza tentennamenti,
se quello che sento nell’animo a vederti
nell’avvertire i tuoi passi, nel pensare
a te, amore, a te; se gli sguardi, i baci
possono palesare l’amore, tutto l’amore:
devi credere che le mie parole, i miei baci,
il mio sguardo hanno quell’amore.
Se non riesco a gridare:
amore, amore, ardentemente e smisuratamente,
con la voce in fuoco,
è perchè dentro di me nasce un pudore
di dirlo troppo forte. (ma non credere
che sia perchè ti amo poco, che invece
è l’amarti molto, così come ti amo)
Se non lo faccio, non dubitare, no..
E più non so dire; non l’ho imparato,
perchè l’amore non parla, non può
raccontare se stesso, chè non sarebbe
amore, o almeno questo amore che sento.
Non so, non so dirtelo… Non dubitare!
Forse fredda sembro agli occhi tuoi;
ma non dubitare che soffra molto, molto
perchè tu dubiti."

29 settembre 2015

Sfumature di una nube - Ghiannis Ritsos

Joachim Anthonisz. Wtewael - Jacob and Esau
Sfumature di una nube - Ghiannis Ritsos

Solo anche quel pomeriggio. O nube rossa, - disse –
Tu che mi hai dipinto le mani di rosso, non sono riuscito a sapere di chi è la colpa,
forse di nessuno, forse soltanto mia. Fui io che vidi
svanire nella polvere della strada il figlio minore del muto,
anche lui muto – quello che vendeva bandierine di carta
alle partite di calcio, sollevando un dito
a indicare il prezzo di una dracma, o forse anche a indicare
qualcosa assai più alto che non potevo vedere. Allora si avvicinarono
le due motociclette, lo misero in mezzo, gli legarono le mani,
gettarono via le bandierine, le disperse il vento, feci in
tempo
a prenderne una senza pagarla. Compresi allora
il prezzo che indicava con il dito alzato. O nube,
nube rossa che di rosso mi hai dipinto le mani, tu
che ti sei mutata in violetto con due ali d’oro.

Navigò in una cesta anche Mosé! - Marina Cvetaeva

Joachim Wtewael - The Judgment of Paris
Navigò in una cesta anche Mosé! - Marina Cvetaeva

Navigò in una cesta anche Mosé!
Per il mondo.
Chi vuoi che pensi a un figlio
A diciannove anni!
Con la giovane mamma forestiera
Tu chiudesti il conto
Senza sapere che bellezza stava
Crescendo per te.
A un’attrice fatale, piena d’ori –
Non son discorsi — da fare — questi!
Ma cinquemila e cinquecento notti
Da quella notte son passate.
E tu non sai, e nessuno lo sa,
— Soltanto Iddio lo sa!
Per quali piazze ora va a spasso
Il tuo bellissimo peccato! 

26 settembre 2015

Fascinatio - Ines Cergol

foto di Elena Dunaeva
Fascinatio - Ines Cergol

amo
questo smembramento
queste reminiscenze

che in alcun modo riescono
a congiungersi in un'unità
questa spaccatura
negli abissi incolmabili
luce-tenebre
che si riversano amalgamente
attraverso i labirinti del quipresente
indescrivibili
solo auspicabili

attraverso cui
irreale
penetro
divento una nebulosa
una volpe
un segugio

ogni tanto palpo
il remo apparente
affinché rinasca il senso di solidità
e l'acqua non si trasformi in ghiaccio


amo
questa spaccatura dell'acqua
attraverso il remo
che si gonfia dall'umidità
rianima il suo legno
questa carenza d'acqua
che scorrendo via trapela
nei colpi di remo
nei colpi delle braccia
che il ritmo desta
in ondeggiamento
lasciando
attraverso sé
il cammino
nei sogni
nel linguaggio
acquisito con ritardo
in circoli interiori
ignari di se stessi
e della perseveranza
di un'incessante fusione

Porta sbarrata - Ines Cergol

foto di Stefan Beutler
Porta sbarrata - Ines Cergol

questa porta
che ogni giorno
si apre e si chiude
piena di correnti d'aria
piena di polvere
dalla strada dirupata
sopra la terra battuta
questa porta
dai cardini che cigolano
appesa alla maniglia
come volesse uscire
anche lei
questa porta
spalancata nel vuoto
sbarrata nel vuoto
davanti a chissà chi

Le tue spalle - Forough Farrokhzad

Le tue spalle - Forough Farrokhzad

Sulle tue spalle, rocce di granito dure e superbe
cascate di luce, ruscella
l'onda dei miei capelli.


Sulle tue spalle, muro di cinta di un mirifico castello
danzano, come rami del salice,
le ciocche dei miei capelli.

Le tue spalle, torri di ferro,
le tue spalle, fulgenti di sangue e di vita,
hanno il colore di un braciere di rame.

Nel silenzio, nel tempio del desiderio, addormentata
vicino a te, i segni dei miei baci sulle tue spalle,
come morsi ardenti di serpenti.

Le tue spalle, nella rifrazione del sole
sotto le gocce chiare e tiepide di sudore
sfavillano come cime di montagne.

Femminile all'estremo - Daniela Crasnaru

Femminile all'estremo - Daniela Crasnaru

Io v'ho detto, i conti tornano precisi.
Sono ottimista, restia come i sonnambuli
che vanno sull'orlo dei tetti a tastoni.
Il graffio di un silenzio assurdo, confitto in necrosi
mi sana la brama, tutti i giorni.
I gigli spudorati mi fanno le beffe,
le ore spiegano in aria tunnel e mura lunghe.
La mia carne triste o solo assente
produce con ansia le rughe.
Il mio sangue rompe persiane nascoste
nello sconosciuto, innominato, profondo.
Di notte, nel sonno, arriva un lupo scocciato
e mi dice: "Forse neanche domani ti mordo!"
a minacciarmi almeno con forza,
per non parlare di tenerezza o amore.
Solo la zanna dell'attimo agguatta
la mia vena giugulare.
Faccio inchini e piroette
pago tre volte di più e alla fine
per equilibrio e pace dell'universo
vi dico ogni giorno che sto bene.
Quindi, finche saprò la proporzione perfetta
fra bianco e nero, fra nettare e veleno
scrivo e firmo senza complessi
quest'ode femminile all'estremo.

25 settembre 2015

Quel che mi duole - Fernando Pessoa

 Joachim Anthonisz. Wtewael - Marte e Venere sospresi dagli dei  
Quel che mi duole - Fernando Pessoa

Quel che mi duole non è
Quello che c'è nel cuore
Ma quelle cose belle
Che mai esisteranno.

Sono le forme senza forma
Che passano senza che il dolore
Le possa conoscere,
O sognarle l'amore.

Come se la tristezza
Fosse albero e, una ad una,
Le sue foglie cadessero
Tra il sentiero e la bruma.

A volte, il sogno triste - Fernando Pessoa

Joachim Anthonisz Wtewael - Adamo ed Eva
A volte, il sogno triste - Fernando Pessoa

A volte, il sogno triste
nei miei desideri esiste
lontanamente un paese
ove l’essere felice consiste
solo nell’essere felice.
Si vive come si nasce
senza volerlo né saperlo.
In quell’illusione di vivere
il tempo muore e rinasce
senza che lo sentiamo scorrere.
Il sentire e il desiderare
sono banditi da quella terra.
L’amore non è amore
in quel paese dove erra
il mio lontano divagare.
Né si sogna né si vive:
è un’infanzia senza fine.
Sembra che si riviva
tanto soave è viver così
in quell’impossibile giardino.

Arcipelaghi - Derek Walcott

Arcipelaghi - Derek Walcott

Alla fine di questa frase, comincerà la pioggia.
All'orlo della pioggia una vela.

Lenta la vela perderà di vista le isole;
in una foschia se ne andrà la fede nei porti
di un'intera razza.

La guerra dei dieci anni è finita.
La chioma di Elena, una nuvola grigia.
Troia, un bianco accumulo di cenere
vicino al gocciolar del mare.

Il gocciolio si tende come le corde di un'arpa.
Un uomo con occhi annuvolati raccoglie la pioggia

e pizzica il primo verso dell'Odissea.

Nostalgia del mare - Derek Walcott

 Nostalgia del mare - Derek Walcott

Qualcosa di rimosso rimbomba nelle orecchie
a questa casa,
fa pendere le tende senza vento, tramortisce
gli specchi
finché i riflessi perdono sostanza.

Un certo suono pari al digrignare di mulini a vento
si è fermato di colpo;
un'assenza assordante, una mazzata.

Accerchia questa valle, pesa su questo monte,
estrania il gesto, spinge questo lapis
attraverso un fitto nulla, ora,

carica di silenzio le dispense, piega il bucato acido
come i panni dei morti, lasciati esattamente
dai congiunti come usavano i morti,

increduli, aspettando occupazione.

Labirinto - Jorge Luis Borges

nella foto: Duomo di Monreale, chiostro - flickr.com
Labirinto - Jorge Luis Borges

Mai ci sarà una porta. Tu sei dentro
e la fortezza è pari all'universo
dove non è diritto né rovescio
né muro esterno né segreto centro.
Non sperare che l'aspro tuo cammino
che ciecamente si biforca in due,
abbia fine. È di ferro il tuo destino,
così il giudice. Non attendere l'urto
del toro umano la cui strana forma
plurima colma d'orrore il groviglio
dell'infinita pietra che s'intreccia.
Non esiste. Non aspettarti nulla.
Neanche nel nero annottare la fiera. 

La vecchiaia - Jorge Luis Borges

 foto da: tumblr.com 
 La vecchiaia - Jorge Luis Borges

La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
può essere per noi il tempo più felice.
È morto l'animale o quasi morto.
Restano l'uomo e l'anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che ancora non sono tenebra.
Buenos Aires,
che un tempo si lacerava in sobborghi,
verso la pianura incessante,
è di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le confuse strade dell'Once
e le precarie case vecchie
che seguitiamo a chiamare il Sud.
Nella mia vita sono sempre state troppo le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penombra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e somiglia all'eterno.
Gli amici miei non hanno volto;
le donne sono quello che furono in anni lontani,
i cantoni sono gli stessi ed altri,
non hanno lettere i fogli dei libri.
Dovrebbe impaurirmi tutto questo
e invece è una dolcezza, un ritornare.
Della generazione di testi che ha la terra,
non ne avrò letti che alcuni,
quelli che leggo ancora nel ricordo,
che rileggo e trasformo.
Dal Sud, dall' Est, dal Nord e dall'Ovest
convergono le vie che mi hanno condotto
al mio centro segreto.
Vie che furono già echi e passi,
donne, uomini, agonie e risorgere,
giorni con notti,
sogni i immagini del dormiveglia,
ogni minimo istante dello ieri
e degli ieri del mondo,
la salda spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti,
l'amore condiviso, le parole,
ed Emerson, la neve e quanto ancora.
Posso infine scordare. Giungo al centro,
alla mia chiave, all'algebra,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.

Gli scacchi - Jorge Luis Borges

foto: chess di Hans-Gerd
Gli scacchi - Jorge Luis Borges


In un chiuso angolo
i giocatori muovono i lenti pezzi
e la scacchiera, fino all’alba,
e li consuma e li avvince
al rigido spazio
dove aspramente lottano due colori.
S’irradiano, la’ sopra
fatate ineluttabili figure
una torre omerica, un agile cavallo
una temeraria regina, un alfiere obliquo,
muti fanti minacciosi,
uno stenuo re.
Anche se i giocatori se ne andranno,
persino quando il tempo li avra’ consumati,
con loro non finira’ questo eterno rito.
Dall’oriente, fiammeggiando, comincio’ questa guerra
che oggi ha scelto tutto il mondo come teatro.
E’ infatti, come un altro, questo giuoco infinito.
E il re cortese, il sinistro alfiere
la regina irriducibile, la rigida torre, l’accorto pedone
sopra questo spazio bianco e nero
si cercano e si scelgono
in una muta accanita battaglia.
Non sanno che la mano precisa di un giocatore
governa quel destino
non sanno che una legge ineluttabile
decide il loro prigioniero capriccio.
Ma anche il giocatore (Omar Khayyam lo ricorda)
e’ prigioniero di un’altra scacchiera
di notti nere e di accecanti giorni.
Dio muove il giocatore
che muove il pezzo.
Ma quale dio, dietro Dio,
questa trama ordisce
di polvere e di tempo, di sogno e di agonia?

Stagione delle malinconie – Rudy De Cadaval

Photoart by Dariusz Klimczak
Stagione delle malinconie – Rudy De Cadaval
Stagione delle malinconie
silenzioso precipitare dei giorni
breve apparizione di foglie
e in queste pietre scavate
infiniti richiami.
Tu delicata ragazza bionda
fatta di ingenui movimenti,
di rara bellezza
cammini su queste pietre
dove cammina vecchiezza,
dove ancora c’è dato sostare.
Negli indimenticati santuari
di scolpite storie
di scolpiti rimorsi
di scolpiti dolori
io t’incontro figlia del mondo
sui sepolcri senza immagine
sui desideri senz’ombra
e vaghi
come io vago sotto queste colonne
in queste chiese buie, spente,
cercando felicità scritte
e una certezza di fede.
T’incontro ragazza bionda
simile a mille altre, curiosa
in queste piazze romane, primaverili.
Ricerchi nei ciottoli su, lungo gli affreschi, i mosaici
le iscrizioni di gloria
richiami di passato
sospiri di passato
stagioni di malinconie.
Diversamente io non cerco, guardo
ciottoli, sepolcri, pietre, iscrizioni
avendo solo un domani,
poco o niente dietro di me

Raccolsi solo manciate di sabbia – Rudy De Cadaval

 Foto: Matter of Time by Dariusz Klimczak
Raccolsi solo manciate di sabbia – Rudy De Cadaval
Raccolsi solo manciate di sabbia
gettando al cielo
in quel pomeriggio di sole
raccolsi manciate di sabbia
perché facessero velo
sul nostro amore.
Una pezzuola verde, ed un abito a fiori
nella piazza deserta
nel pomeriggio di sole
ed un sorriso, un cenno di capo
uno stridore di freni
una carrozza col cavallo che dorme.
I miei capelli scomposti sugli occhi
e nel petto qualcosa
qualcosa di pigro, di dolce
qualcosa di vivo
in quel pomeriggio di sole
che la raccolsi pezzuola verde
ed abito a fiori
nella piazza deserta, alle tre.
Sabbia, cespugli
lontana baracca
cadente, con “Coca Cola” iscrizione
e gru gigantesche
e chiome di alberi.
Lontano dal porto mi sdraio
zitto, gli occhi socchiudo
zitta gli occhi socchiude
sentendo qualcosa nel petto
di dolce, di pigro.
La solitudine immensa
di quel pomeriggio
con la ragazza
dall’abito a fiori.
Raccolsi solo manciate di sabbia
gettandola al cielo
non sapendo che lì si bruciava
la mia giovinezza.
Ancora vado cercando qualcosa
in una piazza deserta alle tre.
E solo un cavallo che dorme.
Uno stridore di freni.
 

24 settembre 2015

Noi – Anne Sexton

La Testa di fanciulla (detta La Scapigliata) - Leonardo da Vinci
Noi – Anne Sexton

Ero avvolta nella pelliccia
nera, nella pelliccia bianca
e tu mi svolgevi
in una luce d’oro
poi m’incoronasti,
mentre fuori dardi di neve
diagonali battevano alla porta.
Mentre venti centimetri di neve
cadevano come stelle
in frammenti di calcio,
noi stavamo nel nostro corpo
(stanza che ci seppellirà)
e tu stavi nel mio corpo
(stanza che ci sopravviverà)
e all’inizio ti asciugai
i piedi con una pezza
perché ero la tua schiava
e tu mi chiamavi principessa.
Principessa!
Oh, allora
mi alzai con la pelle d’oro,
e mi disfeci dei salmi
mi disfeci dei vestiti
e tu sciogliesti le briglie
sciogliesti le redini,
ed io i bottoni,
e disfeci le ossa, le confusioni,
le cartoline del New England,
le notti di gennaio finite alle dieci,
e come spighe ci sollevammo,
per acri e acri d’oro,
e poi mietemmo, mietemmo
mietemmo.

La musica mi nuota incontro - Anne Sexton

 Il Ritratto di Ginevra de' Benci - Leonardo da Vinci  
La musica mi nuota incontro - Anne Sexton

Aspetti Signore. Qual è la strada di casa?
Hanno spento le luci
e il buio trasloca nell'angolo.
Non ci sono cartelli in questa stanza,
quattro signore, più che ottantenni,
e tutte in pannoloni.
La la la, Oh la musica mi nuota incontro
e io  posso sentire la canzone che suonavano
la notte che mi lasciarono
in questo ricovero privato su in collina.

Immagina. Una radio suonava
e tutti quanti qui erano pazzi.
Mi piacque e danzai in cerchio.
La musica fluisce al di sopra del senso
e in qualche strano modo
la musica vede più di quanto io possa.
Ricorda, voglio dire, meglio;
ricorda la mia prima notte qui.
Era il freddo strozzato di Novembre;
perfino le stelle in cielo erano legate
e quella troppo brillante luna
che biforcava attraverso le inferriate ad infilzarmi
con un canto in testa.
Ho dimenticato tutto il resto.

Mi legano a questa sedia  alle otto di mattina
e non ci sono cartelli a indicare la strada,
solo la radio che da il ritmo a se stessa
e la canzone che ricorda
più di quanto io possa. Oh, la la la,
la musica mi nuota incontro.
La notte che sono arrivata ho ballato un cerchio
e non avevo paura.
Signore?
 

Il diacono Taylor - Edgar Lee Masters

November, Washington Square - Edward Hopper
Il diacono Taylor - Edgar Lee Masters

Ero membro della chiesa
e del partito proibizionista:
e nel villaggio pensarono che fossi morto per un'indigestione
di angurie.
In realtà avevo la cirrosi epatica,
perché ogni giorno per trent'anni,
m'ero infilato dietro il bancone
nella farmacia di Trainor
e m'ero versato un bel bicchiere
dalla bottiglia con la scritta
Spiritus frumenti.

Hod Putt – Edgar Lee MAsters

Blackhead monhegane - Edward Hopper
Hod Putt – Edgar Lee MAsters

Qui giaccio accanto alla tomba
di Old Bill Piersol,
che diventò ricco commerciando con gli Indiani, e che
approfittò della legge sulla bancarotta
e ne emerse più ricco che mai.
In me cresceva la stanchezza per la fatica e la miseria
e mentre osservavo come Old Bill e altri
diventavano sempre più ricchi,
una notte ho rapinato un viaggiatore vicino a Proctor’s Grove,
uccidendolo senza volerlo mentre lo facevo,
per ciò fui processato e impiccato.
Fu quello il mio modo di fare bancarotta.
Ora noi due che abbiamo approfittato della legge
sulla bancarotta ciascuno a suo modo
fianco a fianco dormiamo in pace.

23 settembre 2015

Lilička - Vladimir Majakovkij

Lilička - Vladimir Majakovkij
 
un fumo di tabacco ha divorato l' aria
la stanza e' un capitolo dell'inferno di krucennych.
ricordati

proprio a questa finestra per la prima volta
estasiato accarezzavo le tue mani.
eccoti oggi seduta
il cuore chiuso dentro una corazza.
ancora un giorno e poi mi scaccerai
magari anche imprecando alle mie spalle.
nella buia anticamera la mano nella manica
più non stenterà a entrare disfatta dal tremore.
correrò via e getterò il mio corpo sulla strada.
selvatico animale impazzirò
sotto una sferza di disperazione.
ma così non si deve
mia cara

mia diletta
meglio lasciarci ora.
non importa

il mio amore
e' un pesante macigno
che incombe su di te
ovunque tu possa fuggirmi.
lascia in un grido estremo che si sfoghi
l'amarezza dei lamenti e del rancore.
quando anche un bue è disfatto di fatica
lui pure andrà a gettarsi
in fredde acque in cerca di ristoro.
ma altro mare non c'è per me
tranne il tuo amore
né tregua c'è in amore anche nel pianto.
se un elefante stanco vorrà pace
si stenderà maestoso sull' infuocata sabbia.
ma altro sole non c'è per me
tranne il tuo amore
benché io non so tu dove o con chi sei.
se così se ne fosse tormentato
dell' amore un poeta
in soldi e gloria l'avrebbe mutato
ma altro suono non c'è
che mi dia gioia
tranne che il suono del tuo nome beato.
e non mi getterò giù nella tromba delle scale
e non berrò il veleno
né premerò il grilletto dell'arma sulla tempia.
e non c'è lama di coltello che abbia su me potere
tranne che sia la lama del tuo sguardo.
tu scorderai domani che io t'incoronavo
che d'un ardente amore l'anima ti bruciavo
e un carnevale effimero di frenetici giorni
disperderà le pagine dei miei piccoli libri
le secche foglie delle mie parole
potranno mai indurre uno a sostare
a respirare con avidità?
almeno lascia che un'estrema tenerezza
copra l'allontanarsi dei tuoi passi.

Dietro una donna - Vladimir Majakovskij

Dietro una donna - Vladimir Majakovskij
Spostato su col gomito un lievito di nebbia,
Colava biacca da una fiasca nera
E a briglia sciolta nel cielo
Canuto e greve caracollava fra le nuvole.
Nel fuso rame di case stagnate
A stento si contengono i tremiti delle vie,
Stuzzicati da un rosso mantello di lussuria,
I fumi diramavano le corna dentro il cielo.
Cosce -vulcani sotto il ghiaccio delle vesti,
Messi di seni mature già per il raccolto.
Dai marciapiedi con ammicchi malandrini
Frecce spuntate insorsero gelose.
Stormo che a un colpo di tacco si levi a volo nel cielo
Preghiere di altezze presero al laccio Iddio:
Con sorrisi da topi lo spennarono
E beffarde lo trassero per la fessura d'una soglia.
L'Oriente in un vicolo le scorse,
Più in alto risospinse la smorfia del cielo
E il sole dalla nera borsa strappato fuori
Pestò con cattiveria le costole del tetto.

Per noi - Vladimir Majakovskij

Per noi - Vladimir Majakovskij

L’amore
non è paradiso terrestre,
a noi

l’amore
annunzia ronzando
che di nuovo
è stato messo in marcia
il motore
raffreddato del cuore.
...
Trattenendo
me stesso,
come a un convegno,
sino all’ultimo battito del petto,
tendo l’orecchio:
l’amore riprende a ronzare,
umano,
semplice.
Fuoco,
uragano
ed acqua
s’avanzano con un sordo brontolìo.
Chi saprebbe dominarsi?
Potete?
Provateci ...

22 settembre 2015

Familiarità - Jorge Luis Borges

Familiarità - Jorge Luis Borges

Si apre il cancello del giardino
con la docilità della pagina
che una frequente devozione interroga
e, dentro, gli sguardi
non hanno bisogno di fare caso agli oggetti
che sono già precisamente nella memoria.
Conosco le abitudini e gli animi
e quel dialetto di allusioni
che ogni raggruppamento umano ordisce.
Non ho bisogno di parlare
né di mentire privilegi;
bene mi conoscono coloro che qui mi circondano,
bene sanno le mie angosce e la mia debolezza.
Questo è raggiungere ciò che è più alto,
ciò che forse ci darà il Cielo:
non ammirazione né vittorie
ma semplicemente essere ammessi
come parte di una Realtà innegabile,
come le pietre e gli alberi.

Prima elegia - Rainer Maria Rilke

 Prima elegia - Rainer Maria Rilke

Se pur gridassi, chi mi udrebbe dalle gerarchie
degli angeli? E se uno mi stringesse d’improvviso
al cuore, soccomberei per la sua troppo forte presenza.
Perché nulla è il bello, se non l’emergenza
del tremendo: forse possiamo reggerlo ancora,
ed ammirarlo anche, perché indifferente
non degna distruggerci. Ognuno degli angeli è tremendo.
E mi trattengo così, e inghiotto l’appello d’oscuri
singulti. Ah! Chi possiamo allora chiamare in aiuto?
Gli angeli no, gli uomini no, e i sagaci
animali lo notano già quanto noi inadeguati
siamo qui di casa nel mondo già interpretato.
Ci resta forse un albero là sul pendio, che ogni giorno
possiamo rivedere; ci resta la strada di ieri e anche
l’adusata fedeltà ad una abitudine, che in noi
si è rintanata, è rimasta, e non se ne andò.
Oh, e la notte, la notte, quando il vento colmo
di cosmici spazi ci corrode il volto – a chi mai
potrebbe mancare l’agognata , che sì dolcemente disillude,
essa, che di fronte al cuore solitario penosamente
si leva ? È forse più lieve agli amanti?
Il destino lo nascondono soltanto l’un l’altro.
Non lo sai ancora ? Getta dalle tue braccia il vuoto
fin dentro gli spazi che respiriamo; forse gli uccelli
con volo più intimo sentono l’aria così dilatata.

Sì, le primavere ebbero bisogno di te. Di te cercava
qualche stella, ché tu ti mettessi sulle tue tracce.
Saliva attraverso il passato un’onda, o forse là dove
passasti, da una finestra spalancata, ti si offriva
un violino. Tutto questo era un compito. Ma tu, tu
lo potresti reggere ? Non eri forse, ancora una volta,
sempre disperso nell’attesa, come se tutto annunciasse
un’amata? (Dove vorresti custodirla, che i grandi
pensieri stranieri in te vengono, vanno, e indugiano
spesso di notte). Se lo vuoi, canta allora le amanti;
non è ancora immortale il loro sentimento famoso.
Quelle che tu quasi invidi, le abbandonate, a te
più care delle appagate. Ricomincia sempre
di nuovo l’inattingibile celebrazione; pensa:
l’eroe rimane; anche il trapassare fu per lui
solo un pretesto per essere: la sua ultima nascita.
Ma le amanti l’esausta natura in sé le riprende
di nuovo, come non ci fosse più altra forza per
questo compito. Hai parlato abbastanza di
Gaspara Stampa, così che una qualche fanciulla,
cui sfugga l’amato, ne senta dentro di sé
entusiasmante l’esempio: e se come lei fossi io ?
Non devono forse alla fine questi così antichi dolori
diventare fecondi per noi? Non è tempo che amando
ci liberiamo noi dell’amato restando frementi:
come la freccia, che è tesa alla corda, raccolta
nello scatto per essere oltre e più di se stessa.
Perché non c’è più luogo alcuno per stare.

Voci, voci. Ascolta mio cuore, come solo
i santi seppero udire: loro che l’immane richiamo
solleva dal suolo; e loro in ginocchio,
oltre il possibile, e ancora, e senza badarci:
così essi stavano in ascolto. Non che tu possa
comunque reggere la voce di Dio. Ma ascolta come spira
l’ininterrotto messaggio che dal silenzio si forma.
Sussurra ora a te di quei giovani morti.
E sempre, quando entrasti nelle chiese di Roma
o di Napoli, non ti parlava pacato del loro destino?
O sublime ti si presentò una scritta, come la lapide,
l’altro giorno, a Santa Maria Formosa.
Che vogliono da me? Devo rimuovere lievemente
l’apparenza stessa dell’ingiustizia che talvolta
un poco raffrena il movimento puro del loro spirito.

Certo, è strano non abitare più la terra,
non agire più gli usi da così poco appresi,
e alle rose, e alle altre cose piene di promesse
non dare più senso di un umano futuro;
ciò che eravamo in mani illimitatamente ansiose
non essere più, e anche il proprio nome
abbandonare come un giocattolo infranto.
Strano non desiderare più i desideri. Strano
quel che stretto si teneva vederlo dissolto
fluttuare nello spazio. E penoso essere morti:
un continuo ricercare, faticosamente in traccia
di un poco d’eternità. – Ma i viventi compiono
tutti l’errore di tracciare troppo confini netti.
Gli angeli (dicono) spesso non sanno se vanno
tra i vivi o tra i morti. L’eterna corrente
trascina attraverso entrambi i regni ogni età,
sempre con sé, ed entrambi sovrasta con il suo suono.

Non han più bisogno di noi i giovani morti, da ciò che è terreno
ci si disavvezza lievemente, come dolcemente si cresce oltre
il seno materno. Ma noi, che di così grandi segreti
abbiamo bisogno, noi a cui sovente un beato progresso
si sprigiona dal lutto -: possiamo essere senza di loro?
Vano è forse il racconto, che un tempo nel compianto di Lino
la prima musica audace pervadesse l’impietrito rigore;
che allora nello spazio sgomento, da cui sfuggì quasi divino
un fanciullo, d’improvviso e per sempre, il vuoto entrasse in
quella vibrazione, che ora trascina, consola, e ci aiuta

21 settembre 2015

Canto d'autunno - Edna St.Vincent Millay

Canto d'autunno - Edna St.Vincent Millay

Ora l'autunno ha brividi
nel gambo della rosa.
Alte e lontane scale
s'appoggiano tra i frutti.

L'autunno ora s'arrampica
sull'intrecciata trama
e la rosa ricorda la polvere
da cui fu generata.

Piú lucente del fiore
sul cespuglio di rosa
è la bacca arancione,
ora avvizzita, amara;

in ozio la bellezza non sa stare;
tutto accade in suo nome;
ma la rosa ricorda la polvere
da cui fu generata.

Rainer Maria Rilke - Autunno

An Autumn Lane - John Atkinson Grimshaw
Rainer Maria Rilke - Autunno

Cadon le foglie, cadono da lungi
come fioccando da remote selve
che avvizziscan pei cieli. Ed è, nell'atto,
quasi una volontà d'annientamento.

Lungo le notti, la terra, pesante
cade, dagli astri, nella solitudine.
Tutti. cadiamo. Questa mano, cade.
Guàrdati intorno!... E tutto, intorno, cade.

Ma uno Spirito v'è, che questo immenso
universo cadere, entro le mani,
con insonne pietà, regge ed eterna.

Prodigio - Carmen Yanez

Prodigio - Carmen Yanez

                               a Marcia Scantlebury

Se in quei giorni d'ottobre
e di bende nere
quando davvero la paura
mordeva la carne
e noi custodivamo nomi
nelle pieghe del sudore
ti avessi toccato la fronte oltraggiata
per curarti la ferita con l'acqua
che oggi ci unisce
non mi avresti creduto.

Mai fummo più vicine
alle rose.
Ti ricordi quelle rosse
che paradossalmente crescevano lì,
nel cuore stesso del dolore?
Belle rose...
di cui ci fu negato
il favore del profumo
ma non le tristi spine.
Se in quei giorni di ottobre
a Villa Grimaldi
quando neanche il mio olfatto
mi diceva che ti saresti svegliata,
Marcia,
ti avessi parlato
solo per consolarti
per curarti la ferita del viso
per liberare l'aria da un brutto sogno
per volgere lo sguardo all'indietro
prendendo il tempo per le corna
e ricostruire il velo ci cipolla
che ci coprì
fino ad allora.
Se ti avessi fatto una promessa,
se avessi predetto un invito,
in una città
lontana, bella
San Marco, Venezia
la città del ritrovarsi
prodigioso.
Non mi avresti creduto
perché la morte batteva le ali
là fuori
e la bontà taceva.