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4 giugno 2015

Diecilire - Enzo Montano

Diecilire - Enzo Montano

Torride ore del primo pomeriggio,
il sole a picco sulle case bianche,
riverberi riflessi accecavano i passanti rari,
l'ombra delle case ospitava giochi
di bimbi riottosi al sonno.
L'immobilità dell'aria densa
vibrava appena a una voce lontana,
incomprensibile, eppure nota;
udita cento volte e ancora cento e poi ancora
una volta adesso,
rimbombra tra i muri delle vie e le stanze del desiderio.
I bambini d'improvviso s'animavano
nell'asfissiante assedio ai genitori,
le mamme si preparavano al rito
con borsellini monetine e conteggi complicati,
la voce si faceva sempre più vicina
quasi si sentiva il cigolio del carrettino.

Allora i desideri dell'infanzia avevano l'odore
di zucchero caramellato ambrato
solidificato sul marmo del comò,
dei semi di albicocca e pesca macerati
in acqua e zucchero,
del ghiaccio tritato col caffè.
Queste le leccornie di quegli anni lontani
rare, e fatte in fretta, ma di una dolcezza straordinaria.

Il gelato, nuova frontiera, estiva si avvicina
nel suo piccolo carrettino bianco,
lo spinge il gelataio del paese.
Ma che fatica quelle rare diecilire!
L'eco rimbalzando sulla calce bianca
continua a gridare “gelato com'è dolce!”

Lui lo diceva in dialetto e quelle palline colorate
erano le più buone del mondo:
bianco verde rosa giallo e tanti altri colori
tutti i gusti erano in quel carrettino.
Un cono diecilire, ma c'era anche quello da venti:
una montagna a me sembrava allora.
Un esercito di bimb,i i più fortunati,
adesso appagati dal dolce sapore freddo,
siedono sul gradino dell'ucio.
Gli altri si rifaranno, forse,
al prossimo richiamo dolce di quell'omino in bianco,

eroe di tante estati ed infinite infanzie,
quando avranno conquistato anch'essi le preziose diecilire.

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