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9 giugno 2015

Se il fiore al fiore – Pablo Neruda

Bartolomeo Manfredi - Allegoria delle quattro stagioni

Se il fiore al fiore – Pablo Neruda

Se il fiore al fiore affida l'alto germe
e la roccia conserva il suo fiore disseminato
nella combattuta veste di diamante e d'arena.
L'uomo raggrinza il petalo della luce che raccoglie
nelle individuate sorgenti marine
e perfora il metallo palpitante nelle sue mani.
E presto, tra le vesti e il fumo, sulla tavola affondata,
come una barattata quantità, rimane l'anima:
quarzo e veglia, lacrime nell'oceano
come stagni di freddo: ma ancora
uccidila e falla agonizzare con carta e con odio,
sommergila nel tappeto quotidiano, straziala
tra le vesti ostili del fil di ferro.

No: nei corridoi, nell'aria, nel mare o nelle strade,
chi difende senza pugnale (come i rossi
papaveri) il suo sangue? La collera ha estenuato
la triste merce del venditore di esseri,
e, frattanto sull'alto del susino, la rugiada
da mille anni lascia la sua lettera trasparente,
sullo stesso ramo che l'attende, oh cuore, oh fronte triturata
tra le cavità dell'autunno:
Quante volte nelle strade d'inverno d'una città
o in un autobus o in una nave nel crepuscolo, o nella solitudine
più densa, quella della notte di festa, sotto il suono
di ombre e di campane, nella grotta stessa del piacere umano,
mi son voluto fermare a cercare l'eterno filone insondabile
che avevo prima toccato nella pietra o nel lampo che il bacio spiccava.
(Ciò che nel cereale come una storia gialla
di piccoli petti pregni va ripetendo un numero
che senza sosta è tenerezza negli strati germinali,
e che, identica sempre, si sgrana in avorio,
e ciò che nell'acqua è patria trasparente, campana
dalla neve isolata fino alle onde insanguinate).

Non ho potuto afferrare che un grappolo di volti o di maschere
precipitate, come anelli d'oro vuoto,
come panni dispersi figli di un rabbioso autunno
che avesse fatto tremare il miserabile albero delle razze sbigottite.

No ho trovato luogo dove appoggiare la mano
e che, corrente come acqua di sorgente incatenata,
o fermo come grumo di antracite o di cristallo,
mi rendesse il calore o il freddo della mia mano tesa.
Cos'era l'uomo? In quale parte della sua conversazione aperta
tra i negozi e i fischi, in quale dei suoi metallici movimenti
viveva l'indistruttibile, l'imperituro, la vita?

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