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12 settembre 2015

Limiti – Jorge Luis Borges

foto di Dariusz Klimczak
Limiti – Jorge Luis Borges

Di queste vie che scavano il tramonto
una ne avrò percorsa (non so quale)
ormai l'ultima volta, indifferente
e senza sospettarlo, sottomesso

a Chi ha fissato onnipotenti norme
e una segreta e rigida misura
per le ombre, per i sogni e le parvenze
che stessono e intessono la vita.

Se ad ogni cosa è compimento e limite
e l'ultima volta e mai più e l'oblio,
chi potrà dirci a chi, in questa casa,
senza saperlo, abbiamo detto addio?

Cessa la notte oltre il vetro già grigio
e nel mucchio di libri che una tronca
ombra distende sul vago scrittoio
ce n'è qualcuno che non leggeremo.

Esiste, verso sud, più di un portone
consumato con vasi di terraglia
e fichidindia vietato al mio passo
come se fosse una litografia.

Hai richiuso per sempre qualche porta
e c'è uno specchio che ti aspetta invano;
ti illudi che sia aperto il crocevia
ma lo sorveglia, quadrifronte, Giano.

Fra tutti i tuoi ricordi ce n'è uno
che si è perduto irreparabilmente;
non ti vedrà tornare a quella fonte
né il bianco sole né la gialla luna.

Non ridirai ciò che cantò il persiano
nella sua lingua di uccelli e di rose,
quando alla sparsa luce del tramonto
vorrai dire parole memorabili.

E l'incessante Rodano e il lago,
il mio ieri sul quale oggi mi chino?
Tutto si perderà come Cartagine
che a fuoco e a sale cancellò il latino.

Credo nell'alba di udire un rumore
concitato di folla che mi lascia;
è tutto ciò che mi ha amato e scordato
spazio e tempo e Borges m'abbandonano.

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