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10 ottobre 2015

La conquista del Giardino - Forugh Farrokhzad

Jean-Baptiste-Camille Corot - Diana Bathing
La conquista del Giardino - Forugh Farrokhzad

Quel corvo che volò
sopra le nostre teste
e discese sul pensiero confuso di nuvole vagabonde,
e la sua voce come lancia che attraversa
la distesa dell’orizzonte,
porterà con sé in città il nostro annuncio.

Tutti lo sanno,
tutti, lo sanno
che io e te abbiamo visto il giardino,
da quella fessura fredda e triste,
e da quel ramo danzante, lontano,
abbiamo colto una mela.

Tutti temono,
tutti hanno paura, ma io e te
siamo legati alla fiamma all’acqua allo specchio
e non temiamo nulla.

Non parlo del debole legame fra due nomi
e di un abbraccio nelle pagine ingiallite di un quaderno.
Parlo dei miei capelli baciati dalla fortuna
con i papaveri bruciati del tuo bacio.
E dell’intimità dei nostri corpi, serrata,
e della nostra nudità che luccica
come scaglie di pesci nell’acqua
parlo della vita d’argento di una voce
che all’alba mormora uno zampillo minuto.

Noi in quel bosco che scorre
abbiamo chiesto una notte ai conigli selvatici
e nel mare gelido e in tormenta
abbiamo chiesto alle conchiglie piene di perle
e nella montagna estranea e vittoriosa
abbiamo chiesto alle giovani aquile:

Cosa bisogna fare?

Tutti lo sanno
Tutti lo sanno
abbiamo trovato il sentiero nel sogno freddo
e silenzioso delle antiche fenici.

Abbiamo trovato la verità nel giardino,
nel timido sguardo di un fiore senza nome.
E l’eterno nell’attimo sconfinato
in cui due soli si fissano incantati.

Non parlo di un brusio atterrito nel buio
parlo del giorno e delle finestre aperte
e dell’aria fresca
e delle cose inutili da ardere nel fuoco
e della terra feconda di una nuova semina,
della nascita, dell’eterno, dell’orgoglio.

Parlo delle nostre mani innamorate
che sopra le notti hanno costruito un ponte
con il messaggio di luce del profumo e della brezza.

Vieni sul prato
Vieni sul prato
sul vasto prato
e chiamami
alle spalle del fiato del fiore di seta
come una gazzella chiama la sua metà.

Le tende si gonfiano di rancore celato
e i piccioni innocenti,
dall’alto delle loro torri bianche,
guardano la terra.

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