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13 novembre 2015

Il camminatore – Arturo Giovannitti

Il camminatore – Arturo Giovannitti

Sento rumori di passi sopra la mia testa tutta la notte.
Vanno e vengono. Di nuovo vengono e vanno tutta la notte.
Una piccola, unica eternità di quattro passi distinti, e una piccola, unica
eternità di altri quattro passi distinti, e tra l’andare e il venire
c’è il Silenzio e la Notte e l’Infinito.
Perché infiniti sono i pochi metri della tua cella,
e infinita e la marcia di chi cammina tra le mura gialle e la porta
di ferro rossa, mentre pensa a cose che non possono essere
incatenate né chiuse a lucchetto, ma che vagano assai lontano
nel mondo illuminato dal sole, chiusa ognuna in un proprio
tempestoso pellegrinaggio seguendo un traguardo predestinato.

Sento rumori di passi sopra la mia testa per l’irrequieta, intera nottata.

Chi è che cammina? Non so. È il fantasma della prigione,
il cervello insonne, un uomo, l’uomo, il Camminatore.
Uno-due-tre-quattro: quattro passi e il muro.
Uno-due-tre-quattro: quattro passi e la porta di ferro.
L’uomo ha misurato il suo spazio, lo ha misurato accuratamente,
scrupolosamente, minuziosamente, così come il boia misura
la corda per l’impiccato e il becchino la bara – tanti piedi,
tanti pollici, tante frazioni di pollice per ciascuno dei quattro passi.

Uno-due-tre-quattro. Ogni passo rimbomba cupo e pesante dentro di me
e l’eco di ogni passo rimbomba sordamente nella mia testa
mentre li vado contando a uno a uno con ansia e timore che forse,
per una volta, in questo su e giù infinito, i passi tra la parete gialla
e la porta di ferro rossa possano essere cinque invece di quattro.
Ma lui ha misurato lo spazio così accuratamente, così scrupolosamente,
così minuziosamente, che nulla può spezzare il ritmo grave
di questa lenta fantastica marcia.

[ … ]

Cammina tutta la notte, cammina e pensa tutta la notte.
È più lugubre
perché cammina e i suoi passi risuonano nel vuoto sopra la mia testa
o perché lui pensa e non può trasmettere in parole i suoi pensieri?
Ma lui pensa davvero? Perché dovrebbe pensare? Penso io forse?
Io sento i suoi passi e li vado contando. Quatto passi e il muro.
Quattro passi e la porta di ferro. Ma al di là? Al di là? Dove va
al di là della porta di ferro e il muro?
Lui non va al di là. I suoi pensieri si frantumano sulla porta di ferro. Forse
si struggono come una vampata di rabbia, forse un baleno
di speranza, ma ritornano ogni volta a sbattere contro il muro
inutilmente come l’onda batte contro la scogliera continuamente
e disperatamente.

[ ... ]

Fratello mio, non camminare più.
È sbagliato camminare su una tomba. È un sacrilegio
camminare per quattro passi dalla lapide al tuo piede
e quattro dal tuo piede alla lapide.
Se smetti di camminare, fratello mio, questa non sarà più una tomba,
perché tu mi restituirai la mente che adesso è incatenata
ai tuoi piedi e il diritto di pensare ai miei pensieri.
Ti imploro, fratello, sono stanco di questa lunga veglia,
stanco di contare i tuoi passi, e muoio di sonno.
Fermati, riposati, addormentati, fratello, perché l’alba è vicina
e non è la sola chiave che può scardinare la porta.

Traduzione di Luigi Fontanella
dalla rivista “Poesia” n. 308, ottobre 2015 – Crocetti editore





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