Budapest
da "Le città invisibili" - Italo Calvino
Dall’alta balaustra della reggia il
Gran Kan guarda crescere l’impero. Prima era stata la linea dei confini a dilatarsi
inglobando i territori conquistati, ma l’avanzata dei reggimenti incontrava
plaghe semideserte, stentati villaggi di capanne, acquitrini dove attecchiva
male il riso, popolazioni magre, fiumi in secca, canne. “È tempo che il mio
impero, già troppo cresciuto verso il fuori, – pensava il Kan, – cominci a
crescere al di dentro”, e sognava boschi di melegranate mature che spaccano la
scorza, zebú rosolati allo spiedo e gocciolanti lardo, vene metallifere che sgorgano
in frane di pepite luccicanti.
Ora molte stagioni d’abbondanza
hanno colmato i granai. I fiumi in piena hanno trascinato foreste di travi destinate
a sostenere tetti di bronzo di templi e palazzi. Carovane di schiavi hanno spostato
montagne di marmo serpentino attraverso il continente. Il Gran Kan contempla un
impero ricoperto di città che pesano sulla terra e sugli uomini, stipato di
ricchezze e d’ingorghi, stracarico d’ornamenti e d’incombenze, complicato di
meccanismi e di gerarchie, gonfio, teso, greve.
“È il suo stesso peso che sta
schiacciando l’impero”, pensa Kublai, e nei suoi sogni ora appaiono città
leggere come aquiloni, città traforate come pizzi, città trasparenti come
zanzariere, città nervatura di foglia, città linea della mano, città filigrana
da vedere attraverso il loro opaco e fittizio spessore.
– Ti racconterò cosa ho sognato
stanotte, – dice a Marco. – In mezzo a una terra piatta e gialla, cosparsa di
meteoriti e massi erratici, vedevo di lontano elevarsi le guglie d’una città
dai pinnacoli sottili, fatti in modo che la Luna nel suo viaggio possa posarsi
ora sull’uno ora sull’ altro, o dondolare appesa ai cavi delle gru.
E Polo: – La città che hai sognato è
Lalage. Questi inviti alla sosta nel cielo notturno i suoi abitanti disposero perché
la Luna conceda a ogni cosa nella città di crescere e ricrescere senza fine.
– C’è qualcosa che tu non sai, –
aggiunse il Kan. – Riconoscente la Luna ha dato alla città di Lalage un privilegio
più raro: crescere in leggerezza.
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