Antonio Canova - Venere e le grazie danzano per Marte
da "Le Grazie" di Ugo Foscolo. Inno primo - Venere(...)
Così cantaro; e Citerea svelossi;
e quanti allor garzoni e giovinette
vider la Deità furon beati,
e di Driadi col nome e di Silvani
fur compagni di Febo. Oggi le umane
orme evitando, e de’ poeti il volgo,
che con la lira inesperta a sé li chiama,
invisibili e muti per le selve
vagano. Come quando esce un’Erinne
a gioir delle terre arse dal verno,
maligna, e lava le sua membra a’ fonti
dell’Islanda esecrati, ove più tristi
fuman sulfuree l’acque; o a groelandi
laghi, lambiti di [sulfuree] vampe,
la teda alluma, e al ciel sereno aspira;
finge perfida pria roseo splendore,
e lei deluse appellano col vago
nome di boreale alba le genti;
quella scorre, le nuvole in Chimere
orrende, e in imminenti armi converte
fiammeggianti; e calar senti per l’aura
dal muto nembo l’aquile agitate,
che veggion nel lor regno angui, e sedenti
leoni, e ulular l’ombre de’ lupi.
Innondati di sangue errano al guardo
delle città i pianeti, e van raggiando
timidamente per l’aereo caos;
tutta d’incendio la celeste volta
s’infiamma, e sotto a quell’infausta luce
rosseggia immensa l’iperborea terra.
Quinci l’invida Dea gl’inseminati
campi mira, e dal gelo l’oceàno
a’ nocchieri conteso; ed oggi forse
per la Scizia calpesta armi e vessilli,
e d’itali guerrier corpi incompianti.
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