foto: Natalia Kremen Ballet School by Vijay Jethwa
Su - Margaret AtwoodTi svegli col terrore in petto.
Senza un vero motivo.
La luce del mattino filtra dalla finestra,
gli uccelli cantano,
non riesci a scendere dal letto.
C'è qualcosa nelle lenzuola gualcite
che sporgono dai bordi come foglie
di giungla, le pantofole di spugna
aprono le scure fauci rosa per i tuoi piedi,
la colazione invisibile – ce n'è un po'
nel frigorifero che non ti azzardi
ad aprire – che non ti azzarderai a mangiare.
Cosa te lo impedisce? Il futuro, il tempo futuro,
immenso come il firmamento.
Ti ci potresti perdere.
No, non è così semplice: il passato, la sua densità
e avvenimenti annegati che ti spingono giù,
come acqua del mare, come gelatina
che ti riempie i polmoni invece dell'aria.
Ma lascia perdere, alziamoci.
Prova a muovere il braccio.
Prova a muovere la testa.
Fa' finta che la casa sia in fiamme
e che non fuggi bruci.
No, non serve a nulla.
Non ha mai funzionato.
Da dove arriva, questa eco,
questo enorme No che ti circonda,
silenzioso come le pieghe delle tende gialle
muto come il vivace
vaso messicano col suo carico
di fiori mummificati.
(Li hai scelti tu i colori solari,
non i toni secchi, neutri dell'ombra.
Dio sa se ci hai provato).
Eccone una buona:
sdraiata sul letto di morte.
Ti resta un'ora da vivere.
Di chi, di preciso, hai avuto bisogno
in tutti questi anni per perdonare?
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