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29 marzo 2015

Acqua al mulino – Mary Dorcey

opera di Omar Ortiz


Acqua al mulino – Mary Dorcey

È tutta acqua al mulino,
dici, o almeno
è così che mi consolo
per aver perso così
tanto del tuo prezioso
tempo. Devo ricordare
alla mente, consapevole,
che chi scrive può
usare tutto.

Siedo sul bordo
del letto d’ospedale,
porto il cucchiaio
alla tua bocca.
Niente si butta,
dici,
nessuna esperienza,
per quanto terribile –
assolutamente superflua.
Ti pulisco il mento
col fazzoletto.
Non è vero?
Mi chiedi,
volendo che sia così.

Questo suggerisci.
E io decido
di fare in modo che sia vero –
prendere questo dolore –
questa perdita irreparabile,
la cancellazione
furtiva
di cultura e passato,
questa banale e
inespressa sofferenza.
E metterli all’opera.
Prendere le tue risate,
la tua confusione, gli
improvvisi lampi di visione,
la tua cupa ironia –
e plasmarli
affinandoli
in un artefatto,
qualcosa
che puoi prendere
e lasciare.
Qualcosa
su cui puoi posare lo sguardo
e da cui puoi distoglierlo.

Non  come tutto questo –
Questo subdolo esproprio,
questa infame dipendenza
e paura, che
nemmeno il tuo umorismo da patibolo,
e quel
retaggio di famiglia –
l’orgoglio –
riusciamo a mascherare.
E che una volta visto
non possiamo smettere di vedere.

E così decido
di usare tutto – lo
scempio e le offese,
accumulati giorno dopo giorno sulle
rovine di sé.
Renderli utili –
come un venditore
di rottami e ossa –
portare l’acqua al mulino.
Per il tuo bene –
per il mio.

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