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24 marzo 2015

il Canto di Sheherazade - Grazia Fresu

Giulio Rosati - Picking the favorite

 il Canto di Sheherazade - Grazia Fresu 
I
 Vanto dell'esser femmina potente,
maestra della sfinge e dei confini,
cantava Sheherazade e lacrime salivano 
a turbarne l'anelito di fiamma, 
falce d'oriente alzata a rischiarare
palmizi di smeraldo, sorriso dell'avorio
che esaltava nella notte il suo canto,
era il narrare dolce, carezza più soave
dell'incenso, trappola preparata
a rinfrescare l'arsura dei deserti.
"Vieni, sorella mia, mia Dinarzade, 
nella fraternità che ci appartiene
affrontiamo l'evento, la bellezza che muore
va privando Samarcanda d'incanto,
recisa la violenza come i giorni
delle attese segrete, Shariar
nutriremo d'estasi e di innocenze
profanate sul grembo di un cuscino.
Gli parlerò di maghi e di tesori,
del tradimento come fu legato
ai segni dell'offesa, poi,
se sospenderò il mio raccontare,
le mie mani spingendo sul suo ventre
di predatore ostile, tu fingi di dormire.
Io condurrò il piacere ad evocare 
le fontane fatate, gli enigmi fascinosi,
la forza catturata
nell'ampolla d'alabastro sottile,
il sultano assopito sulla riva 
di quel regale mare ove il segreto persiste
nel suo guscio sconosciuto.
Esperti suonatori sedurranno 
tra le parole l'elegia di un sogno,
così percorrerò l'arco dell'ombra
e l'avvertito presagio della morte.
Alata rete di perle e di murene, sorella mia,
nutriamo il nostro manto dell'insonnia
che reca l'avventura, tu chiedi e ascolta,
quanto più s'inganna l'orgoglio
che ha condotto la sua mano
a tagliare nel regno i più bei colli
delle fanciulle in fiore,
curioso si addolcirà alla sera,
permanendo insaziato nella spirale
che per mille notti la sua ferocia
nutrirà, affamando lo spirito
che si giova del contrasto
e il tempo si farà fra noi, sorella,
un mondo salutato dall'audacia 
di un balsamo soave.
Darsi, sorella mia, e negarsi ancora
nel gioco di voluta trasgressione,
vendetta simulata a rinnegare 
le crudeltà sepolte del passato!" 
Sheherazade racchiuse nel decoro 
il vento che sconfigge
e sa intrecciare i lacci di sapienza,
l'andamento della perennità
fuse nell'oro dei suoi occhi splendenti,
accese l'ardimento, al suo doppio sorrise 
e la soglia varcò, vestendo solo
il genio delle donne.    

II
 E fu la prima notte
tra le sete pesanti dell'alcova,
battesimo privato di precise
fraterne intese, scommessa
con il tempo,
avvitamento della ragione
al vortice di un sogno
e fu la sospensione e fu il ritegno
di vergini svelate e fu il racconto
di delizie e di inganni.

III
 E fu la quarta notte
tra gli aromi dell'incenso
e l'andare della più astuta voluttà.
Shariar mormorò tra sogno e veglia
sospeso nell'attesa:
"Poiché la pelle tua di febbre invasa
sazia questa mia sete e mi allontana
dalle vecchie memorie, dai boccali,
colmi di vino e fiele, poiché ancora 
per una sera voglio amarti e stare 
sultano e mendicante per le vie
delle tue storie strane, non cessare,
Sheherazade, di dare al mio tormento
il tuo fatale lenimento di eroica
resistenza, il tuo narrare 
di leggende gentili, di padroni sconfitti
e spodestati da segni
di magie troppo lontane,
poiché sei tu diversa, Sheherazade,
amami nella notte che avvicina 
la tua morte al destino che ti devo,
promesso dall'orgoglio
al mio dissenso, quando la sposa
amata mi ha tradito."

IV
 Sheherazade fu vento nell'alcova,
fu tempesta di gigli, fu l'umore
delle bacche più pregne, l'oscurità
che avanza dai profondi crepacci
della terra, fu lo specchio dell'altro
e l'esplosione di mille soli
intorno a quel giardino che le parlava
della sua condanna.
Sheherazade esaltò le sue sorelle 
nell'armonia che intatte le conduce,
con la mente evocò tutti i tormenti,
le perdite, le attese, le speranze,
i traviamenti, i limiti, il dolore
e di nuovo lo tenne nel cerchio
di quel calore offeso come ottenne
tra le labbra di femmina
ogni senso.          

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