Alessandro Tiarini - Achille e le figlie di Licomede
La sorte della spada – Jorge Luis Borges
La spada di quel Borges non ricorda
le sue battaglie. L’Esercito Grande,
il lungo assedio di Oribe all’azzurra
Montevideo, l’agognata vittoria
Di Caseros, così facile, il tempo,
il Paraguay intricato, i due proiettili
che trafissero l’uomo in pieno petto,
i corsi d’acqua chiazzati di sangue,
le bande guerrigliere a Entre Rìos,
l’alto comando delle tre frontiere,
il cavallo e le lance del deserto,
san Carlos e Junìn, l’ultimo assalto…
Dio le donò splendore ed era cieca,
le donò l’epopea ed era morta.
Quieta come una pianta nulla seppe
della mano virile, del tumulto,
della sua cesellata impugnatura,
del metallo marchiato dalle patria.
È soltanto una cosa tra le cose
che una bacheca di museo dimentica,
una parvenza, un simbolo, una forma
curva e crudele che nessuno guarda.
Forse non sono meno ignaro io.
La spada di quel Borges non ricorda
le sue battaglie. L’Esercito Grande,
il lungo assedio di Oribe all’azzurra
Montevideo, l’agognata vittoria
Di Caseros, così facile, il tempo,
il Paraguay intricato, i due proiettili
che trafissero l’uomo in pieno petto,
i corsi d’acqua chiazzati di sangue,
le bande guerrigliere a Entre Rìos,
l’alto comando delle tre frontiere,
il cavallo e le lance del deserto,
san Carlos e Junìn, l’ultimo assalto…
Dio le donò splendore ed era cieca,
le donò l’epopea ed era morta.
Quieta come una pianta nulla seppe
della mano virile, del tumulto,
della sua cesellata impugnatura,
del metallo marchiato dalle patria.
È soltanto una cosa tra le cose
che una bacheca di museo dimentica,
una parvenza, un simbolo, una forma
curva e crudele che nessuno guarda.
Forse non sono meno ignaro io.
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