opera di Tamara de Lempicka
William Shakespeare - Sonetto n. 12
Conto i rintocchi che mi dicon l’ora,
notte funesta cui il giorno s’avventa;
e della viola bruna, che si sfiora,
il riccio già inargenta.
L’immenso ramo d’ogni chioma manca,
onde le greggi furon confortate:
cinge il covone il verde dell’estate,
ispida bara bianca.
Penso alla tua bellezza, che in ambasce
va camminando per la strada oscura,
dolce prezioso bene che non dura,
morto come altri nasce.
Del tempo non puoi vincere la lama,
se un figlio non lo sfida, quando chiama.
Conto i rintocchi che mi dicon l’ora,
notte funesta cui il giorno s’avventa;
e della viola bruna, che si sfiora,
il riccio già inargenta.
L’immenso ramo d’ogni chioma manca,
onde le greggi furon confortate:
cinge il covone il verde dell’estate,
ispida bara bianca.
Penso alla tua bellezza, che in ambasce
va camminando per la strada oscura,
dolce prezioso bene che non dura,
morto come altri nasce.
Del tempo non puoi vincere la lama,
se un figlio non lo sfida, quando chiama.
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