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30 maggio 2017

Viaggio notturno di Priamo – Costantino Kavafis

Priamo supplica Achille per la restituzione del corpo di Ettore, Accademia di San Luca
Viaggio notturno di Priamo – Costantino Kavafis

A Ilio, pianto di disperazione.
La regione
avvolta nel timore e nello scoramento
leva per il Priàmide Ettore gran lamento.

Greve, sonoro il corrotto rintrona.
Persona
che non pianga non resta entro le mura.
Nessuno la memoria di Ettore trascura.

Eppure vano e senza alcun costrutto
è tutto
quel pianto nella misera città.
Il fato avverso, chiusa sordità.

Odia le cose vane Priamo e l'oro
dal tesoro
estrae; v'aggiunge copia di tappeti,
di morbide pellicce, di lebeti,

di tuniche, di tripodi, e indumenti
splendenti
e ogni altra cosa che stima opportuna,
e tutto dentro il suo carro raduna.

Sottrarre il corpo di suo figlio intende
alle tremende
mani del suo nemico con regali
per onorarlo con solenni funerali.

Da Troia nella tacita notte evade.
Rade
le sue parole. In lui solo un pensiero ha voce:
che il carro avanzi veloce, veloce.

Si dilunga il cammino tenebroso.
Penoso
è il gemito del vento a mano a mano.
Gracchia un corvo sinistro di lontano.

Qui c'è un cane che uggiola. A gran velocità
più in là
passa una lepre come un murmure, un bisbiglio.
Il re sprona, alla sferza dà di piglio.

Ombre tetre si destano su dalla piana.
Arcana
la ragione di tutta quella fretta
che spinge il re Dardànide, come saetta,
alle navi dei goffi Argivi e degli Achei
rei.
Per il re tutto questo non ha voce:
basta che il carro vada più veloce.

Due Poesie – Anna Achmatova

Opera di Kindia
  Due Poesie – Anna Achmatova


1
Il cuscino è già caldo dai due lati.
E già si spegna la seconda candela,
E il grido delle cornacchie
Si fa sempre più forte.
Non ho dormito questa notte,
Ed è tardi pensare al sonno…
Come intollerabilmente bianca
È la tenda sulla bianca finestra.
- Buongiorno!...

2
La stessa voce, lo stesso sguardo,
Gli stessi capelli color lino.
Tutto come un anno fa.
I raggi del giorno dal vetro
Screziano la calce delle bianche pareti…
La fragranza dei gigli freschi
E le tue semplici parole.

La porta è semiaperta Anna Achmatova

foto di Dariusz Klimczak

La porta è semiaperta Anna Achmatova

La porta è semiaperta,
I tigli hanno un dolce profumo…
Dimenticati sul tavolo sono
Un guanto e un frustino.

La lampada forma un cerchio giallo…
Sto attenta ai fruscìi.
Perché sei andato via?
Non lo capisco…

Gioioso e chiaro
Sarà domani il mattino
Questa vita è bella,
Cuore, ma sii saggio.

Sei stanco del tutto,
E batti più piano, più sodo…
Ho letto, sai,
Che le anime sono immortali.

La bisaccia – Grazia Fresu

Dariusz Klimczak - fotografia surrealista



La bisaccia – Grazia Fresu

Ti porto una bisaccia
di pane e mirti,
la stessa che mio nonno
gettava sul cavallo
per salire sui monti,
una bisaccia di orbace
a righe bordeaux e azzurre
che il tempo ha un poco
logorato ai bordi,
te la porto con dentro
risa lacrime boccioli bianchi
il profumo del mare
e del gelsomino,
il tintinnare dei miei ricordi
la forma del mio corpo
sulla spiaggia e nel letto,
ti porto una bisaccia di canzoni,
il rosario di mia madre
chicchi d’argento e cristalli,
ti porto il tempo
che non abbiamo condiviso
il suono delle campane
nelle notti sante
le domande inquiete
che aprono il giorno,
ti porto un libro misterioso
che ancora non ho scritto
e le ventate d’allegria
scendendo di corsa le scale,
la bisaccia a volte pesa,
amor mio,
ma arriverà alla tua soglia
con le cose che amo.

Per continuare a parlare d’amore – Grazia Fresu

La nymphe surprise - Edouard Manet

Per continuare a parlare d’amore – Grazia Fresu

Per continuare a parlare d’amore
c’è la tua camicia poggiata sulla sedia
la tua penna preferita sullo scrittoio
il tuo profumo di dopobarba e allegria
il tuo bacio sul collo
il silenzio appagante del giardino,
per continuare a parlare d’amore
mi leggi un verso folgorante
nitido come il piano del mare
mi ascolti con un lampo azzurro
di cielo smaltato nei tuoi occhi,
in te mi pare s’annidino echi
di storie lontane di magie nuove
e io so di volerti così come sei ora
con le stanchezze accumulate e l’ironia
che ancora ti persiste nel sorriso,
per continuare a parlare d’amore ti scrivo
tremo sospesa sull’acqua in un volo interrotto.

Orion – Claudia Formiconi

opera di Juan Medina

Orion – Claudia Formiconi

Vago sul mio tempo
adagiato su fili d’argento,
muovo passi
incerti.

Con sfere di cristallo
vedo occhi riflessi
circospetti
avidi del mio guscio,

intimo fardello
scandito dalla clessidra
sul trapezio
delle mie emozioni.

da Scrivo versi nudi di Claudia Formiconi
Bastogi Libri, Roma

La mia terra – Claudia Formiconi

opera di Juan Medina
La mia terra – Claudia Formiconi

La mia terra è gonfia
ha linfa nei solchi
è nuda
contaminata
come un letto disfatto.

È pregna
è polline per l’ape
ha ormoni terrigni
istinti ancestrali.

Ti aspetto
assetato
contadino dell’ultima terra,
affonda il tuo solco
feconda i miei campi.

da Scrivo versi nudi di Claudia Formiconi
Bastogi Libri, Roma

29 maggio 2017

In paradiso – Grazia Fresu

opera di Juan Medina
In paradiso – Grazia Fresu

Sono nata in Paradiso,
isola di granito antico
isola di coste e d’acque
isola di silenzio
di mareggiate e vento,
sono nata dove le sirene
cantano senza danno
e i marinai le amano,
quelle donne solo a metà
coi capelli d’alghe sottili
e i seni di conchiglia
senza sesso e fatali
li conducono a una ricerca ignota
d’amore dissoluto,
sono nata nel Paradiso
dove i pesci hanno ali iridate
e dal cielo piovono scaglie
d’argento con le stelle d’agosto,
gli amori si ostinano a persistere
visitando gli amanti separati,
vi suonano scogliere e fortini
sfidando il maestrale,
le barche sono cune gentili
là bambini felici lasciano desideri
e i vecchi storie severe,
sono nata dove un male accessorio
quasi sempre scompare
in grotte di bellezza
e ci sono passi discreti
che aprono strade tra il lentischio,
ci sono gli occhi di mia madre
smeraldi infuocati che esplorano l’attesa
e quelli di mio padre gaietti luminosi
che salgono arditi dalle stive,
sono nata in Paradiso,
senza serpente né mela
che portino nudità esilio e conoscenza,
ma sempre mi fu serpente il mare
che allontana dal porto consueto
e sempre la mela stava nelle tue mani
come un’oncia di presagi segreti
che il destino avesse messo lì
per liberarmi.

Palingenesi – Claudia Formiconi

opera di Boguslaw Jagiello
Palingenesi – Claudia Formiconi

La mia palingenesi
ha sollevato il piede ferito,
ha reclamato la mia anima
con rami di ciliegi in fiore,
ha rivestito il mio corpo
di spine pure
di ghiaccio
come la sorgente,
ha corroborato muscoli
fianchi e gambe.
Qualche ferita in più
Vedono ora
I miei occhi,
in una luce più nitida
mi riconosco
nella mia completezza.

da Scrivo versi nudi di Claudia Formiconi
Bastogi Libri, Roma

L’amore – Claudia Formiconi

 opera di Boguslaw Jagiello

L’amore – Claudia Formiconi

L’amore, quello vero
è quella belva che affonda spine nel cuore
che ti strappa le viscere
che ti lacera l’anima.
È catartico
nel momento del piacere,
ti scava il solco d’un sorriso
dalle labbra erranti
nell’abbandono dei sensi,
mentre l’umidore
del pianto e del riso,
risale la corrente dei tuoi occhi
magnificandoti.

da Scrivo versi nudi di Claudia Formiconi
Bastogi Libri, Roma

Eneide - Morte di Priamo (versione di Annibal Caro)

Antonio Canova - Uccisione di Priamo

Eneide - Morte di Priamo (versione di Annibal Caro)

Già l'arïete a fieri colpi e spessi
aperta, fracassata, e d'ambi i lati
da' cardini divelta avea la porta;
quand'egli a forza urtò, ruppe e conquise
i primi armati; e quinci in un momento
di Greci s'allagò la reggia tutta.
Qual è se, rotti gli argini, spumoso
esce e rapido un fiume, allor che gonfio
e torbo e ruinoso i campi inonda,
seco i sassi traendo e i boschi interi,
e gli armenti e le stalle e ciò che avanti
gli s'attraversa; in cotal guisa io stesso
vidi Pirro menar ruina e strage;
e vidi ne l'entrata ambi gli Atridi;
vidi Ecúba infelice, ed a lei cento
nuore d'intorno; e Prïamo vid'anco
ch'estinguea col suo sangue, ohimè! quei fochi
che da lui stesso eran sacrati e cólti.
Cinquanta maritali appartamenti
eran ne' suo serraglio: quale, e quanta
speranza de' figlioli e de' nipoti!
Quanti fregi, quant'oro, quante spoglie,
e quant'altre ricchezze! e tutte insieme
periro incontinente: e dove il foco
non era, erano i Greci. Or, per contarvi
qual di Prïamo fosse il fato estremo,
egli, poscia che presa, arsa e disfatta
vide la sua cittade, e i Greci in mezzo
ai suoi piú cari e piú riposti alberghi;
ancor che vèglio e debole e tremante,
l'armi, che di gran tempo avea dismesse,
addur si fece; e d'esse inutilmente
gravò gli omeri e 'l fianco; e come a morte
devoto, ove piú folti e piú feroci
vide i nemici, incontr' a lor si mosse.
Era nel mezzo del palazzo a l'aura
scoperto un grand'altare, a cui vicino
sorgea di molti e di molt'anni un lauro
che co' rami a l'altar facea tribuna,
e con l'ombra a' Penati opaco velo.
Qui, come d'atra e torbida tempesta
spaventate colombe, a l'ara intorno
avea le care figlie Ecuba accolte;
ove agl'irati dèi pace ed aíta
chiedendo, agli lor santi simulacri
stavano con le braccia indarno appese.
Qui, poiché la dolente apparir vide
il vecchio re giovenilmente armato:
"O, - disse - infelicissimo consorte,
qual dira mente, o qual follia ti spinge
a vestir di quest'armi? Ove t'avventi,
misero? Tal soccorso a tal difesa
non è d'uopo a tal tempo: non, s'appresso
ti fosse anco Ettor mio. Con noi piú tosto
rimanti qui; ché questo santo altare
salverà tutti; o morren tutti insieme".
Ciò detto, a sé lo trasse; e nel suo seggio
in maestate il pose. Ecco davanti
a Pirro intanto il giovine Polite,
un de' figli del re, scampo cercando
dal suo furore, e già da lui ferito,
per portici e per logge armi e nemici
attraversando, in vèr l'altar sen fugge:
e Pirro ha dietro che lo segue e 'ncalza
sí che già già con l'asta e con la mano
or lo prende, or lo fère. Alfin qui giunto,
fatto di mano in man di forza esausto
e di sangue e di vita, avanti agli occhi
d'ambi i parenti suoi cadde, e spirò.
Qui, perché si vedesse a morte esposto,
Prïamo non di sé punto oblïossi,
né la voce frenò, né frenò l'ira:
anzi esclamando: "O scelerato, - disse -
o temerario! Abbiati in odio il cielo,
se nel cielo è pietate; o se i celesti
han di ciò cura, di lassú ti caggia
la vendetta che merta opra sí ria.
Empio, ch'anzi a' miei numi, anzi al cospetto
mio proprio fai governo e scempio tale
d'un tal mio figlio, e di sí fera vista
le mie luci contamini e funesti.
Cotal meco non fu, benché nimico,
Achille, a cui tu menti esser figliolo,
quando, a lui ricorrendo, umanamente
m'accolse, e riverí le mie preghiere;
gradí la fede mia; d'Ettor mio figlio
mi rendé 'l corpo esangue: e me securo
nel mio regno ripose". In questa, acceso,
il debil vecchio alzò l'asta, e lanciolla
sí che senza colpir languida e stanca
ferí lo scudo, e lo percosse a pena,
che dal sonante acciaro incontinente
risospinta e sbattuta a terra cadde.
A cui Pirro soggiunse: "Or va' tu dunque
messaggiero a mio padre, e da te stesso,
le mie colpe accusando e i miei difetti,
fa' conto a lui come da lui traligno:
e muori intanto". Ciò dicendo, irato
afferrollo, e, per mezzo il molto sangue
del suo figlio, tremante e barcolloni,
a l'altar lo condusse. Ivi nel ciuffo
con la sinistra il prese, e con la destra
strinse il lucido ferro, e fieramente
nel fianco infino agli elsi gliel'immerse.
Questo fin ebbe, e qui fortuna addusse
Prïamo, un re sí grande, un sí superbo
dominator di genti e di paesi,
un de l'Asia monarca, a veder Troia
ruinata e combusta; a giacer quasi
nel lito un tronco desolato, un capo
senza il suo busto, e senza nome un corpo.

Del non leggere - Wislawa Szymborska

young girl learning to write - Jean-Baptiste Camille Corot

Del non leggere - Wislawa Szymborska

In libreria con l'opera di Proust
non ti danno un telecomando,
non puoi cambiare
sulla partita di calcio
o sul telequiz con in premio una volvo.

Viviamo più a lungo,
ma con minor esattezza
e con frasi più brevi.

Viaggiamo più veloci, più spesso, più lontano
e torniamo con foto invece di ricordi.
Qui sono io con uno.
Là, credo, è il mio ex.
Qui sono tutti nudi,
quindi di certo in spiaggia.

Sette volumi - pietà.
Non si potrebbe riassumerli, abbreviarli
o meglio ancora mostrarli in immagini?
Una volta hanno trasmesso un serial, La bambola,
ma per mia cognata è di un altro che inizia con la P.

E poi, tra parentesi, chi mai era costui.
Scriveva, dicono, a letto, per interi anni.
Un foglio dopo l'altro,
a velocità ridotta.
Noi invece andiamo in quinta
e - toccando ferro - stiamo bene.

da Wislawa Szymborska, Elogio dei sogni, a cura di Pietro Marchesani
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

Labirinto – Wislawa Szymborska

opera di Francine Van Hove

Labirinto – Wislawa Szymborska

– e ora qualche passo
da parete a parete,
su per questi gradini
o giù per quelli,
e poi un po’ a sinistra,
se non a destra,
dal muro in fondo al muro
fino alla settima soglia,
da ovunque, verso ovunque
fino al crocevia,
dove convergono,
per poi disperdersi
le tue speranze, errori, dolori,
sforzi, propositi e nuove speranze.

Una via dopo l’altra,
ma senza ritorno.
Accessibile soltanto
ciò che sta davanti a te,
e laggiù a mo’ di conforto,
curva dopo curva,
e stupore su stupore,
e veduta su veduta.
Puoi decidere
dove essere o non essere,
saltare, svoltare
pur di non lasciarsi sfuggire.
Quindi di qui o di qua
magri per di lì,
per istinto, intuizione,
per ragione, di sbieco,
alla cieca,
per scorciatoie intricate.
Attraverso infilate di file
di corridoi, di portoni,
in fretta, perché nel tempo
hai poco tempo,
da luogo a luogo
fino a molti ancora aperti,
dove c’è buio ed incertezza
ma insieme chiarore, incanto
dove c’è gioia, benché il dolore
sia pressoché lì accanto
e altrove, qua e là,
in un altro luogo e ovunque
felicità nell’infelicità
come parentesi dentro parentesi,
e così sia,
e d’improvviso un dirupo,
un dirupo, ma un ponticello,
un ponticello, ma traballante,
traballante, ma c’è solo quello,
perché un altro non c’è.

Deve pur esserci un’ uscita,
è più che certo.
Ma tu non la cerchi,
è lei che ti cerca,
è lei fin dall’ inizio
che ti insegue,
e il labirinto
altro non è
se non la tua, finché è possibile,
la tua, finché è tua
fuga, fuga –

da Wislawa Szymborska, Elogio dei sogni, a cura di Pietro Marchesani
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

28 maggio 2017

Sulla bellezza - Kahlil Gibran



Sulla bellezza - Kahlil Gibran

E un poeta disse:
Parlaci della Bellezza.
E lui rispose:
Dove cercherete e come scoprirete la bellezza,
se essa stessa non vi è di sentiero e di guida?
E come potrete parlarne,
se non è la tessitrice del vostro discorso?
L'afflitto e l'offeso dicono:
"La bellezza è nobile e indulgente.
Cammina tra noi come una giovane madre confusa dalla sua stesa gloria".
E l'appassionato dice:
"No, la bellezza è temibile e possente.
Come la tempesta, scuote la terra sotto di noi e il cielo che ci sovrasta".
Lo stanco e l'annoiato dicono:
"La bellezza è un lieve bisbiglio.
Parla del nostro spirito.
La sua voce cede ai nostri silenzi
come una debole luce che trema spaurita dall'ombra".
Ma l'inquieto dice:
"Abbiamo udito il suo grido tra le montagne,
E con questo grido ci sono giunti strepito di zoccoli,
battiti d'ali e ruggiti di leoni".
Di notte le guardie della città dicono:
"La bellezza sorgerà con l'alba da oriente".
E al meriggio colui che lavora e il viandante dicono:
"L'abbiamo vista affacciarsi sulla terra dalle finestre del tramonto".
D'inverno, chi è isolato dalla neve dice:
"Verrà con la primavera balzando di colle in colle".
E nella calura estiva il mietitore dice:
"L'abbiamo vista danzare con le foglie dell'autunno
e con la folata di neve nei capelli".
Tutte queste cose avete detto della bellezza,
Tuttavia non avete parlato di lei,
ma di bisogni insoddisfatti.
E la bellezza non è un bisogno,
ma un'estasi.
Non è una bocca assetata,
né una mano vuota protesa,
Ma piuttosto un cuore bruciante e un'anima incantata.
Non è un'immagine che vorreste vedere
né un canto che vorreste udire,
Ma piuttosto un'immagine che vedete con gli occhi chiusi,
e un canto che udite con le orecchie serrate.
Non è la linfa nel solco della corteccia,
né l'ala congiunta all'artiglio,
Ma piuttosto un giardino perennemente in fiore
e uno stormo d'angeli eternamente in volo.
Popolo di Orfalese,
la bellezza è la vita,
quando la vita disvela il suo volto sacro.
Ma voi siete la vita e siete il velo.
La bellezza è l'eternità che si contempla in uno specchio.
Ma voi siete l'eternità e siete lo specchio.

Sui figli - Kahlil Gibran



Sui figli - Kahlil Gibran

E una donna che reggeva un bambino al seno disse:
Parlaci dei Figli.
E lui disse:
I vostri figli non sono figli vostri.
Sono figli e figlie della sete che la vita ha di sè stessa.
Essi vengono attraverso di voi, ma non da voi,
E benché vivano con voi non vi appartengono.
Potete donare loro amore ma non i vostri pensieri:
Essi hanno i loro pensieri.
Potete offrire rifugio ai loro corpi ma non alle loro anime:
Esse abitano la casa del domani,
Che non vi sarà concesso visitare neppure in sogno.
Potete tentare di essere simili a loro,
Ma non farvi simili a voi:
La vita procede e non s'attarda sul passato.
Voi siete gli archi da cui i figli, come frecce vive, sono scoccate in avanti.
L'arciere vede il bersaglio sul sentiero dell'infinito,
E vi tende con forza affinché le sue frecce vadano rapide e lontane.
Affidatevi con gioia alla mano dell'arciere;
Poiché come ama il volo della freccia così ama la fermezza dell'arco.