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14 giugno 2017

Nick e il candeliere – Sylvia Plath


Klimt - Le tre età della donna, dettaglio

Nick e il candeliere – Sylvia Plath

Sono un minatore. La luce brucia azzurra.
Ceree stalattiti
gocciano e si ingrossano, lacrime

che il ventre di terra
trasuda dal suo tedio mortale.
Neri aliti di pipistrello

mi avvolgono, scialli cenciosi,
freddi omicidi.
Mi si saldano addosso come prugne.

Vecchia caverna di ghiaccioli
di calcio, vecchio antro d’echi.
Perfino i tritoni sono bianchi,

quei bacchettoni.
E i pesci, i pesci----
Cristo! sono lastre di ghiaccio,

una morsa di coltelli,
una religione
piranha, che beve

la sua prima comunione dai miei piedi vivi.
La candela
riprende con un singulto la sue breve altezza,

i suoi gialli si rincuorano.
Oh amore, come sei arrivato fin qui?
Oh embrione,

che perfino nel sonno ricordi
la tua posizione in croce.
Il sangue fiorisce puro

in te, rubino.
Il dolore
a cui ti svegli non ti appartiene.

Amore, amore,
ho abbandonato la nostra caverna di rose,
di morbidi tappeti----

residui vittoriani.
Precipitino pure le stelle
al loro oscuro indirizzo,

gli atomi di mercurio
paralizzanti gocciolino pure
nel terribile pozzo,

tu sei l’unico
solido su cui gli spazi si appoggiano, invidiosi.
Sei il bambinello nella stalla.

traduzione di Anna Ravano

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