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13 luglio 2017

da Cent’anni di solitudine – Gabriel Garcìa Màrquez

Fernando Botero - Donna alla finestra


da Cent’anni di solitudine  – Gabriel Garcìa Màrquez
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Si chiamava Pilar Ternera. Aveva preso parte all’esodo culminato nella fondazione di Macondo, trascinata dalla sua famiglia per separarla dall'uomo che l'aveva violata a quattordici anni e aveva continuato ad amarla fino a ventidue, ma che non si era mai deciso a rendere pubblica la situazione perché non era un uomo libero. Le aveva promesso di seguirla in capo al mondo, ma più tardi, quando avesse sistemato i suoi affari, e lei si era stancata di aspettarlo identificandolo ogni volta negli uomini alti e bassi, biondi e bruni, che le carte le preannunciavano per le strade della terra e le rotte del mare, tra tre giorni, tra tre mesi o tre anni. Aveva però nell'attesa la forza delle cosce, la sodezza dei seni, l'abitudine alla dolcezza, ma manteneva intatta la follia del cuore. Sconvolto da quel balocco prodigioso, José Arcadia ne cercò le tracce ogni notte attraverso il labirinto della stanza. Una volta trovò la porta sprangata, e bussò e ribussò, sapendo che se aveva avuto l'ardire di bussare la prima volta doveva bussare fino all'ultima, e dopo un'attesa interminabile lei gli aprì la porta. Di giorno, crollando di sonno, godeva segretamente dei ricordi della notte anteriore. Ma quando lei entrava in casa, allegra, indifferente, chiacchierona, lui non doveva fare nessuno sforzo per dissimulare la sua tensione, perché quella donna, la cui risata esplosiva spaventava le colombe, non aveva nulla a che vedere col potere invisibile che gli insegnava a respirare in dentro e a controllare i battiti del cuore, e gli aveva permesso di capire perché gli uomini hanno paura della morte.
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