Parma
Da Il fuoco e la cenere – Attilio
Bertolucci
Capricci
invernali
L’inverno è qui, l’aria grigia e malinconica per le memorie che
debolmente l’accendono lo dice in maniera non equivoca, bisogna esser pronti a
tutto. Ora la città si distingue chiaramente oltre gli alberi spogli, un merlo
nero sta posato sul ramo, le strade nude e indurite portano tutte allo stesso
luogo con soave disperazione. Si curvano come un braccio che vuole nascondere
gli occhi, la svolta non ha mai fine, quando si riaprono gli occhi la luce è
mutata, e il cuore duole per un’allegra meraviglia. La vita riprende, a destra
un canale profondo scorre sotto un mulino cieco; resta per i singhiozzi
repressi una specie indolenzimento al petto.
A camminare nell’inverno si incontra il diavolo, specie se si va a
ritroso. Oppure si finisce senza accorgersi in un giorno d’estate lunghissimo,
nella polvere rosa del tramonto interminabile.
Non è possibile arrivare a casa; e con questa nebbia che improvvisamente
circonda essere in giro non è punto piacevole. E tanto lontani che una villa
comparsa quasi per sortilegio, sono scherzi della nebbia, non era certo
aspettata da queste parti.
Essa non è chiusa come dovrebbe, ma abitata, un cane, i vetri alti
riverberano un fuoco interno assai dolce. possibile che io abbia fatto tanto cammino?
Sorprendente che lo stupore non duri più di un secondo, che ci si abitui anche
al fatto che la vecchia villa è aperta e una voce ne esce a chiamarci, così
giovane, da una stanza ancora chiusa nel sonno di pareti nude e invernali. Ma
come rispondere se le parole non vanno oltre la gola allo stesso modo che
accade nei sogni, seppur senza angoscia? Naturale anche l’esser diventati muti,
in un paese come questo.
La città s vede anche ora, ma da sud, con torri e campanili immersi nel
mezzogiorno silente. E’ la stagione che le viole nascono ai piedi delle magre
gaggie e ci si perde nel calore del sole a raccogliere quei fiorellini freschi
e profumati, dai teneri gambi facili a spezzarsi. La schiena fa un po’ male
alla fine, e a guardarsi intorno ci si accorge che non c’è proprio più nessuno
in giro, il silenzio è diventato dolce e insopportabile
Da
“Poesia” n. 298, novembre 2014. Crocetti
Editore
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