Harlot’s House – Stelio Maria Martini
C’incamminammo a passo errante
per la lunare strada sognante
e finimmo davanti all’Harlot’s House.
Da dentro udimmo oltre il fracasso,
alto e distinto in mezzo al chiasso,
il Treus Liebes Herz di Strauss.
Come strani automi grotteschi
componevano fantastici arabeschi
ombre in moto di là da un paravento.
Vedevamo spettrali ballerini
muoversi a suon di corni e di violini:
un turbinio di foglie nere al vento.
Come pupazzi comandati a fili
quei gracili scheletrici profili
saltellavano simili a birilli.
Si prendevano l’un l’altro per mano
ballando seriamente un ballo vano
tra sonore risate, grida e strilli.
Ora una bambola stringeva al petto
un fantoccio meccanico all’aspetto,
ora sembrava accennassero a un canto.
Ora invece un’orrenda marionetta
usciva a fumare una sua sigaretta
come se fosse viva per incanto.
Allora dissi rivolto al mio amore:
ballano i morti coi morti, è un orrore,
un vortice di polvere in caduta!
Ma lei sentiva il violino e lasciò,
lasciò il mio fianco sinistro ed entrò,
entrò il mio amore nella casa perduta.
Ed ecco di colpo quei suoni stonarono,
i ballerini il ballo arrestarono,
cessava con il valzer l’impostura.
E giù per la lunga, immobile strada
nell’alba grigia di fredda rugiada
un brivido corse di bimba in paura.
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