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19 novembre 2017

Sul declino degli oracoli – Sylvia Plath

Giorgio De Chirico - L'enigma dell'oracolo
Sul declino degli oracoli – Sylvia Plath

Mio padre teneva una conchiglia ricurva
Presso due bronzei reggilibri a forma di veliero,
E io sentivo fremere nei suoi denti freddi
Le voci di quell'ambiguo mare anelato
Di Böcklin, quando, vecchio, reggeva una conchiglia
All'orecchio per udire il mare che non poteva udire.
Quel che la conchiglia diceva al suo orecchio interiore
Lui lo sapeva, ma i villani non lo sanno.

Mio padre mori e alla sua morte
Lascio agli eredi i suoi libri e la conchiglia.
I libri se li prese il fuoco, la conchiglia il mare,
Ma io, io conservo le voci che lui
Mi mise nell'orecchio, e nell'occhio
La vista di quelle onde azzurre non vedute
Che lo spirito di Böcklin ancora piange.
Banchettano e si moltiplicano i villani.

Non vedo, a eclissare il bue allo spiedo,
Ne cigno d'ottone ne stella ardente
Segni araldici di un’età più essenziale,
Bensì tre uomini che entrano nel cortile,
Tre uomini che salgono le scale.
Senza frutto, le loro immagini ciarliere
Invadono l'occhio claustrale come pagine
Di un fumetto grossolano, e verso

L'accadere di questo evento
La terra ora si volge. Tra mezz'ora
Scenderò la scala malandata e incontrerò
Quei tre che salgono. Vale
Meno del presente, del passato, questo futuro.
Senza valore questa visione per occhi offuscati
Che un tempo videro cadere le torri di Troia,
Videro il male prorompere dal Nord.

traduzione di Anna Ravano

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