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4 gennaio 2018

Le nude prospettive – Enzo Montano

Tamara de Lempicka - Le due amiche (Perspective), 1923
Le nude prospettive – Enzo Montano
(Le due amiche di Tamara de Lempicka)

Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.
Kahlil Gibran

Spigolose le geometrie delle città,
angoli aguzzi e linee austere,
severe come i bigotti moralismi.

Si apre una finestra sulle
rotondità delle carni sode,
nude, senza alcun velo ipocrita,
con labbra arroganti rosso fuoco
di passione senza limiti;
orgogliose nel profondo
potenti, dirette, voluttuose.
Ecco le due amiche
tra le prospettive urbane.
Abbandonata all’estasi una,
guardinga l’altra veglia la serenità
intima della sua compagna.

Tamara offre il suo corpo
e il suo pensiero forte, senza ambiguità
il desiderio di difendere il diritto
della trasgressione dolce.

La parte ricca della medaglia – Enzo Montano

Jean Béurad – Le Patisserie Gloppe, 1889, olio su tela. Museo Carnavalet, Parigi.
La parte ricca della medaglia – Enzo Montano
(La Pasticceria Gloppe di Béurad)

“Oggi il proletariato d’Europa e d’America passa
in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta
come un solo esercito, sotto una sola bandiera...
Oggi i proletari di tutti i paesi si sono effettivamente
uniti. Fosse Marx accanto a me a vederlo coi suoi occhi!”.
F. Engels

Sono gli anni della torre Eiffel,
impazza la belle époque,
cento anni fa la rivoluzione,
ma in Brasile  solo adesso
si abolisce la schiavitù,
e in Cina si costruisce la prima ferrovia.
L’Italia cerca il suo impero in Abissinia,
a Chicago si impiccano anarchici innocenti,
e nel Dakota  il Wounded Knee diventa rosso
per il massacro dei pellerossa Lakota Sioux.

Sono gli anni della Seconda Internazionale Socialista,
i lavoratori d’America e d’Europa
manifestano per il primo Primo maggio,
la borghesia impaurita non sa leggere la storia
aspetta il giorno dei lavoratori come fosse guerra.
Da Parigi parte il movimento dell’ottantanove:
sciopero degli operai  a Place de la Concorde,
manifestazioni anche in Place de Republique.
La polizia impediva tutto, i sordi non sentivano:
non festa del lavoro ma spari sulla folla.
Nelle altri Capitali la festa è giorno di pace.
Monta l’onda rossa e percorre il continente,
si sente l’eco dei tumulti e le voci
che gridano “pane e lavoro”.

I borghesi, nelle domeniche di quegli anni,
preludio della Grande Guerra inesorabile,
ostentavano opulenza: feste da ballo,
concerti, corse di cavalli e dolce vita.
Un ritrovo di gran moda era una sosta
Alla Patissere Gloppe sugli Champs Elyées
Dove sfoggiare il bel vestito elegante e alla moda.

Nella stessa città e altrove, dietro la medaglia,
la massima ambizione è calmare i morsi della fame.
 

Nell’oro – Enzo Montano

Gustav Klimt – Ritratto di Adele Bloch-Bauer I, olio su tela, 1907, 138x138. New Gallerie, New York.
Nell’oro – Enzo Montano
(Klimt – Adele Bloch-Bauer)

Quando getta danzando il suo rumore vivo e capriccioso,
Quel mondo risplendente di metallo e di pietra
Mi rapisce in estasi, e io amo alla follia
Le cose dove il suono si mescola alla luce.
Charles Baudelaire – I gioielli

Scrigno di gioielli d’oro o quadro?
Vestito o ricco damascato di oro e luce?
Concerto di bellezza o baleni di sole?

L’oro impreziosisce opali e zaffiri
diamanti, corniole e quarzi rosa;
l’oro è la cornice di
ametiste rubini, giade e acque marine
smeraldi turchesi e ossidiane.
L’oro riscalda ed è luminescente
è dello stesso colore del sole
l’oro è desiderio passione e vanità
l’oro esalta l’incarnato roseo
l’oro è il riflesso dei tramonti
l’oro dipinge il viale della tranquillità.

Prezioso da seimila anni è l’oro
non per le punte delle lance
né per farne palle di cannone
neanche utensili per le cucine
ma gioielli monete e simboli divini.

D’oro era il Vello dell’immortalità
rubato da Giasone
l’oro in India era la Verità
e per gli egizi l’occhio del dio Ra.
Per l’oro si sono fatte mille e mille guerre
l’oro era l’ossessione di tutti gli alchimisti
le pietre di Eldorado sono d’oro
in oro trasforma sua figlia l’avido Mida
l’oro era nelle armi di Achille
l’oro era merce ambita per i mercanti fenici
d’oro era la pioggia per Danae
e d’oro sono gli occhi sulla veste di Adele Block-Bauer
trasformata in dea ed idolo pagano estraneo al tempo.

Klimt ha raccolto tutto del mondo
e ne ha fatto veste gioielli ed ornamento
per Adele, splendente più del sole,
senza parsimonia, vi ha incastonato
il massimo gioiello: la donna e la sua beltà.

Lo sguardo dell’amore – Enzo Montano

Andrew Newell Wyeth - Helga
Lo sguardo dell’amore – Enzo Montano
(Helga e Andrew Newell Wyeth)

Ah, ma se lei indovinasse,
Se potesse udire lo sguardo,
E se uno sguardo le bastasse
Per sapere che stanno amandola!
F. Pessoa – L’amore quando si rivela

Silenzio in equilibrio con la natura,
vento e foglie, finestre e tende
accarezzate e trafitte dai raggi del sole,
cornici disabitate senza spazio: non c’era
posto in quelle tele per gli  uomini e le donne.

Finalmente arrivò Helga la prussiana
vicina di casa discreta e austera,
divenne modella con un sorriso lieve,
per anni mante adente, di nuovo
vicina di casa che saluta con discrezione.

Entrò nei quadri duecentoquaranta volte
come lì fosse il suo posto, vicino alla finestra
col sole tra le trecce bionde e scompigliate.
Ha appena fatto l’amore e osserva l’amante,
è nuda seduta a uno sgabello, inondata dal sole
che in autunno irrompe una buia stanza
e getta disegni d’ombra sul corpo di Helga,
attraversando la peluria argentea del pube.

Helga è una ragazza florida ma lieve
senza concessione alcuna alla volgarità,
è disarmante, naturalmente bella, senza sforzo.
Helga abita nei quadri prima deserti;
dove ho imparato a camminarci grazie a lei.

L'elemento della luce è l'occhio - Francesca Matteoni

foto di Cecilia Paredes
L'elemento della luce è l'occhio - Francesca Matteoni

Così me ne stavo, i bulbi nella mano, in luce denudata
al banco dove sedeva l'occhio
e il guercio fatto savio m'ammiccava
intorbidando il viso nella fonte;
spruzzava inganno e luce tutt'attorno -

Nell'infittirsi asciutto delle notti
la luce germinava sul mio sonno
un verme cieco all'alba
scialba la luce sciroppava per i vicoli inciampando

e mi sentivo azzurra dentro i fiati della nebbia
mi sentivo verde nello straccio della pelle
mi sentivo rossa e rotolavo rossa nell'imminente sangue della fossa -

La luce inacidiva piatta sullo stagno
Giallo! un pugno di luce un dio
Verrai a farmi dio? Vieni e fammi dio!

Smembrami spezzami modellami disserrami
mangiami ingollami spolpami ipotizzami

La luce scuce e ricuce
colorazioni labili affogano falene
lampioni a notte sbiancano in tulles di ballerine
uno slargo di luce nell'aria lo sbrano di luce

e in luce ignota sto
languente in luce sto
nel nulla-luce sto

Finché sull'orlo inceppa e cade l'occhio
trotta caracolla il nervo al fuori
al suolo crudo un chicco
e se lo porta il corvo dentro al becco.

Studio - Bei Dao

Studio - Bei Dao

Il vento, questo parente povero della foresta
andato in ferie in capo al mondo
lancia limoni
verso le onde avvoltolate dell'enorme campana

l'obiettivo rincorre la luce
come si accorda un pianoforte
queste minuscole parole
hanno sonorità pure

scrittura e guerra sono condotte insieme
al centro sono costruite delle case
le persone sedute all'interno
sembrano rumori, stanno per avviarsi

rinunciare al tabacco è rinunciare
a un gesto
perché non dirlo
le parole non sono state ancora eccese.

Nelle città straniere - Adam Zagajewski

Vincent Van Gogh - La casa gialla
Nelle città straniere - Adam Zagajewski

                               A Zbigniew Herbert

Nelle città straniere c’è una gioia sconosciuta,
la fredda felicità di un nuovo sguardo.
Gli intonaci gialli delle case, sui quali il sole
si arrampica come un agile ragno, esistono
ma non per me. Non per me furono costruiti
il municipio, il porto, il tribunale, la prigione.
Il mare scorre per la città con una marea
salata e allaga le verande e le cantine.
Al mercato i prismi delle mele, piramidi
che svettano per l’eternità di un pomeriggio.
E pure la sofferenza non è poi così
mia: il matto locale farfuglia
in una lingua straniera, e la disperazione
di una ragazza sola in un caffè è come
il frammento di una tela in un cupo museo.
Le grandi bandiere degli alberi si agitano
al vento così come nei luoghi
a noi noti, e lo stesso piombo fu cucito
negli orli di lenzuola, di sogni,
dell’immaginazione folle e senza casa

Il giorno che uccisi mio padre - Martino Baldi

Il giorno che uccisi mio padre - Martino Baldi

Mio padre era un uomo libero
ma io sono più libero di lui.
Il giorno che l'ho ucciso
era un giorno qualunque.
Mi sono alzato presto, come al solito
fatto partire Grace
ho acceso il notebook e messo sottosopra
il frigo, prima di tutto il resto
che si deve fare: sciacquarsi il viso,
radersi, spalancare le imposte.
Il latte era finito; sono dovuto uscire
per rifornirmi (non posso rinunciare
ad una colazione degna di questo nome).
Mio padre, se ricordo bene, russava ancora
ignaro nel suo letto
mentre io barbuto ed accigliato
strascicavo il sembiante verso la latteria.
Pochi minuti dopo era già morto.

Il giorno che ho ucciso mio padre
era un giorno qualunque d'estate:
non un filo di vento o un timore di pioggia
una nube lontana a distinguerlo
da tutti i giorni uguali precedenti.
Fu un giorno memorabile
e nessuno se ne avvide.
Del resto chi potrebbe dire
l'istante in cui l'inverno diventa primavera,
il baco farfalla, l'attimo esatto in cui
il giglio è al culmine della sua bellezza
e il vino sboccato al punto giusto?

Dopo la colazione (mi sembra respirasse ancora)
ho letto le stesse cose del giorno precedente
sugli stessi libri, ma per poche ore.
C'era un bel tizio che diceva nulla
un altro rispondeva ohibò
ma come dialogavano... per dio!
con tutti i crismi della letteratura
più accurata e più pura, soli tra loro.
Quindi ho espletato i miei doveri di cittadino
scorrendo i titoli del televideo RAI,
e quelli d'uomo d'oggi, scrutinando
le pagine 230 e 101
(dalla sua camera nessun suono sospetto).
Sono poi uscito per comprare
una camicia bella fresca per la sera.

L'ultimo spasmo deve averlo avuto
intorno a mezzogiorno e venticinque
mentre io lucido, cosparso d'olio
di cocco o d'altro frutto tropicale
fendevo le acque delle vasca
numero 80 (o giù di lì)
nella bella piscina di campagna
dove ogni giorno pratico i miei
cinque chilometri di cromoterapia
nuotando nell'azurro più puro,
per liberarmi dalle tossine
e dalle scorie dello studio.
Deve essere morto proprio in quel momento
(l'istante in cui toccavo il bordo
- la bracciata tesa -
e una rapida fitta di dolore mi ha sfiorato
la spalla destra come un presentimento)
perché, tornato a casa, del suo corpo
non c'era ormai più traccia.

D'averlo ucciso l'ho capito tardi.
È stato necessario qualche giorno
per notare l'assenza e interrogarsi
sulla questione, trovare le risposte,
stendere il regesto, denunciare il fatto.
Non l'ho ucciso per caso: questo sia chiaro.
Il colpo era premeditato nei particolari.
Restava da decidere il momento giusto.
L'ho ucciso perché non mi ha lasciato
nient'altro da ammazzare: morti i suoi padri
i suoi nonni e anche gli zii. I suoi fratelli:
morti. Tutti prima che generasse me.
E a cosa serve un uomo se non può
esercitare il suo diritto a uccidere
e a piangere i defunti più cari?
Così ho deciso: prima o poi
sarebbe morto da solo, tanto valeva
farlo con le mie mani,
per innestare in una vita grigia
almeno un mito. Quello del parricida.

***
Il mio paese è piccolo e la voce
si è diffusa con gran rapidità. Mio padre
era abbastanza noto e benvoluto
(se lo meritava: era proprio un brav'uomo).
Quando fu risaputa l'identità dell'omicida
ci fu uno scandalo di dimensioni
tutto sommato contenute
(forse perché eravamo una famiglia povera).
Non in pochi mi hanno tolto il saluto
ma i più hanno preso la notizia
con la più assorta indifferenza.
Qualcuno ancora fa buon viso, qualcuno
non fa mancare un pacca sulla spalla
non so se per pietà o per compassione.
Io quegli sguardi (allegri, sospettosi,
di disprezzo, d'invidia, d'ignoranza...)
ormai ho imparato a non tenerli in conto
più di quanto sia bene (il bene mio);
passo in mezzo alla folla a gran velocità
sulla bici scassata, quella di sempre,
e me ne vado fischiettando
un motivetto che mi piace tanto.

Viene da dentro - Heleno Oliveira


Viene da dentro - Heleno Oliveira

Viene da dentro.
In silenzio, levità,
vaghezza, punta di coltello.
Viene dal centro
dalla piazza senza tempo.
Per millenni nulla vidi perché urlavo.
Il canto vuole il deserto.

Le cose che mi dico mentre stendo i panni - Ruth Stone

Le cose che mi dico mentre stendo i panni - Ruth Stone

Se una formica che attraversa la corda tesa
tra un melo e l’altro
si mettesse a pensare senza tregua
è probabile che mai e poi mai riuscirebbe a inventarsi Albert Einstein.
Ma neppure quei baffi disordinati,
o quelle borse rugose sotto gli occhi
che anni dopo gli si sono gonfiate,
dopo essersi è sognato quella esasperante relatività.
Perfino i panni stesi sono tridimensionali.
Le formiche attraversano le grandi foreste fibrose
da una molletta all’altra,
portandosi tra le mandibole o nella sacca proprio il cuore della vita,
il cuore stesso dell’universo nelle loro molecole di acido formico.
E come sono fresche le lenzuola,
quando la notte ti ci stendi dentro,
e ti sembra di essere la sola sulla montagna,
e il tuo corpo sente la setosa carezza del letto
come l’amore sulla tua pelle
e quella sacca pesante che sei tu si rilassa nel suo abbraccio.
Quando spegni la luce,
sei cieca nell’oscurità
forse come lo sono le formiche,
con quello stesso balzo d’astrazione fuori da questa dimensione limitante.
Così che la curva stessa della luce, attratta nella fossetta dello spazio,
è relativa al tuo stesso percorso cieco attraverso l’abisso.
E lì al buio c’è Albert Einstein
con la sua formula sagace che assomiglia a quelle piccole mandibole
che traforano la terra
e la sollevano, granello per granello,
mentre esplodono i cristalli di sabbia
nella calda turbolenza d’un bianco raggiante,
ti sorride, quel sorriso timido e irsuto,
su una linea immaginaria da qui a lì.

Il ritorno del nativo - Amiri Baraka

Il ritorno del nativo - Amiri Baraka

Il vizioso modernismo
è Harlem. Il botto fragrante.
Così viziosa.
Puoi tu resistere a tanta bellezza?
Così violenta e volubile.
Sono ormai così numerosi gli alberi,
che ammiccano nudi. Le donne
con sguardo penetrante sono in amore
con se stesse. Il cielo siede vigile
sopra di noi. Urlando per noi.
Non piove.
Il sole, caldo purificato sole
che ci guida sotto di lui.

Il punto, e il luogo
voluto dai neri. Il loro pesante Egitto.
(La misteriosa parola) Le loro menti, la mia,
la nera speranza scavata. Nel tempo.
Noi che scivoliamo nella sofferenza o in troppa
gioia. C’è così tanto amore
per noi. Ovunque, c’è troppo
di quello che vogliamo. Puoi cantare
te stesso, la tua vita, il tuo posto
nella fervida Terra.
E guardare i sassi
i cuori, e il gentile ronzio
del senso. Ogni cosa, dalla vita
che abbiamo all’amore ci corrisponde
in questo mondo.
Dove sempre possiamo
guardarci dentro. E soffrire
in gioia, con queste vite nostre
tanto domestiche.

Bombay express - Blaise Cendrars

foto da flickr
Bombay express - Blaise Cendrars

La vita che ho vissuto
m'impedisce di uccidermi
tutto prorompe
le donne rotolano sotto le ruote
con grandi grida
le carrozze sostano a ventaglio all'uscita delle stazioni.
Mi sento della musica sotto le unghie.
Non mi è mai piaciuto Mascagni
né tantomeno l'arte e gli Artisti
nè le barriere né i ponti
né i tromboni nè i pistoni
non so più niente
non capisco più...
Questa carezza
da far correre un brivido sulla carta geografica
Quest'anno o l'anno venturo
la critica d'arte è sciocca come l'esperanto
Brindisi
arrivederci arrivederci
Sono nato in questa città
e così mio figlio
lui che ha la fronte come la vagina di sua madre
vi sono pensieri che fanno sussultare gli autobus
ho smesso di leggere i libri che si trovano solo nelle biblioteche
bel ABC del mondo
Buon viaggio!
ti possa portar con me
tu che ridi con le tue labbra vermiglie

3 gennaio 2018

Resti di ricordi - Heleno Oliveira

Lisbona, Portogallo - foto di Luca Moglia
Resti di ricordi - Heleno Oliveira

Resti di ricordi
nelle cose e sabbie del villaggio.
Tutto del mio vecchio sguardo si accende.
Santa Clara che passa sul baldacchino
che quasi non vedo

e non rivedo

nessun bimbo alato
nella processione.

Vedere e non vedere è così
come bere un bicchiere d'acqua
dopo la sete del sertão
tra la luce di là
perpendicolare al suolo

e quella di Lisbona che vola
leggera e pura come l'acqua
dalla riva all'infinito

sapere della Lusitania
Geografia e Quinto Impero
veduto e morto
per poter vivere.
Venite a me Indie
dice Vieira da un altro porto
che vi incanterò.
E la saga vive in ognuno
che sa la mescolanza
di spada luna e croce
e non dimentica
il grido senza luce.

L'uomo che mollò tutto - Andrew Waterhouse

L'uomo che mollò tutto - Andrew Waterhouse

Come protesta contro la situazione
in città, si mozzò un dito
e lo puntò verso i soldati.
Quando il falò si spense
si scorticò e avvolse
bimbi e animali nella sua pelle.
Un cimelio della sua nascita fu messo all'asta
in beneficio dei Fratelli Cristiani.
L'odore dei suoi capelli diventò una fragranza
venduta in paesi senza foreste.
L'ho visto sorridere per un artista
e gli ho rubato le labbra per mia moglie.
L'ho sentito dire amore una volta
e quella parola me la sono tenuta.

Guidando in Tennessee - Charles Wright

Guidando in Tennessee - Charles Wright

Strano quel che riporta il passato.
I genitori, ad esempio, come si profilano fervidi
nei brevi e istantanei
lampi di memoria, un piede davanti all'altro
perfino a ritroso, e così inaccusabili.

E le città in cui vivemmo
e chi eravamo allora, le vie percorse in su e in giù
ritornano davanti a noi come brina
su cui batte la luce della luna, e ritorna Gesù, Stefano Martire
e San Paolo della Spada...

- Io sono la loro musica,
madri e padri e luoghi dove corremmo affannati nella notte:
accosto la bocca alla polvere e canto la loro canzone.
Ricordati di noi, Galeotto, e fischietta il nostro motivo quando verrà l'ora,
per amore di carità.

Fotografia di mio padre a ventidue anni - Raymond Carver

Fotografia di mio padre a ventidue anni - Raymond Carver

Ottobre. In questa cucina umida ed estranea
studio il giovane viso imbarazzato di mio padre.
Con un sorriso mansueto, tiene in mano un filo
di persici gialli e spinosi, nell’altra
una bottiglia di birra Carlsbad.

In jeans e maglietta, si appoggia
al paraurti di una Ford del 1934.
Vorrebbe apparire cordiale e sincero ai posteri,
porta il suo vecchio cappello alzato sull’orecchio.
Per tutta la vita mio padre ha cercato di essere spavaldo.

Ma gli occhi lo tradiscono, e le mani
il filo mollemente offerto dei pesci morti
la bottiglia di birra. Padre, ti voglio bene,
ma come faccio a dirti grazie, io che, come te, non reggo l’alcool,
e non conosco neppure i posti dove pescare?

Epiloghi - Derek Walcott

Epiloghi - Derek Walcott

Le cose non esplodono,
si affievoliscono, sbiadiscono,

come il sole sbiadisce dalla carne,
come si esaurisce rapida la schiuma nella sabbia,

perfino il lampo fulmineo dell'amore
non ha un esito tonante,

muore con il suono
dei fiori che sbiadiscono come la carne

sotto la pietra pomice sudante,
tutto concorre a questa forma

finché veniamo lasciati
col silenzio che circonda la testa di Beethoven.

I miei occhi guardano - Raymond Farina

I miei occhi guardano - Raymond Farina

I miei occhi guardano
un altro cielo

Che non è
di qui
di laggiù

Che non è
un cielo oceanico
Che non è
il cielo prenatale

Non è un cielo
di prima dello sguardo
Neanche un cielo
di prima del cielo
Ma soltanto quello
che aveva chiesto
la rondine

Quello
in cui la bontà dormiva
dove camminavano a volte
le stelle
Quello che pioveva
per il mio albero

& che prometteva
ali
per non insegnarmi
a volare

Nulla più - Amèrico Ferrari

Nulla più - Amèrico Ferrari 

come i morti ritornano per abitarci
la notte
come le notti ci chiamano
a mezzogiorno
e come la nostra nicchia si apre ogni notte
in pieno giorno
e come giorno e notte tutto ci chiama e ci
reclama
e ci annuncia
la agonia –
lí ci troviamo
e ci guardiamo e
aspettiamo
con un bicchiere pieno di notte tra le mani
e una come sete del giorno
versato –
nulla piú

La piccola piazza - Sophia de Mello Breyner Andresen

Parma - Palazzo Ducale
La piccola piazza - Sophia de Mello Breyner Andresen

La mia vita aveva preso la forma di quella piccola piazza
in quell’autunno in cui la tua morte si organizzava meticolosamente
mi aggrappavo alla piazza perché tu amavi
l’umanità umile e nostalgica delle bottegucce
dove i commessi arrotolano e srotolano nastri e stoffe
cercavo di diventare te perché tu stavi morendo
e la vita intera cessava lì di essere la mia
cercavo di sorridere come sorridevi tu
al giornalaio al tabaccaio
e alla donna senza gambe che vende violette
chiedevo alla donna senza gambe che pregasse per te
accendevo candele a tutti gli altari
delle chiese che stanno agli angoli di questa piazza
ma appena aprii gli occhi e vidi fu per leggere
la vocazione dell’eterno scritta sul tuo viso
convocavo le strade i luoghi le persone
che erano stati testimoni del tuo viso
perché ti chiamassero perché disfacessero
la tela che la morte stava tessendo in te.

traduzione di Antonio Tabucchi

Spettatori - Americo Ferrari

Spettatori - Americo Ferrari

Da quando arrivarono qui non hanno imparato nulla.
L’unica cosa che sanno fare è guardare. Si alza la
burrasca e la sabbia del deserto mangia loro
gli occhi e non lascia stare nulla e loro sempre a guardare
quello che non c’é. Cade la pioggia e tutto lo disfá e
loro guardano e guardano attraverso la tenda che non lascia
vedere. Esplode il sole e subito tutto è bianco e ogni
occhio s ’accieca ma loro guardano da dietro la vista il
biancore finale. Sono il rovescio della vista il
corpo presente dell’ assenza : la visione indicibile
di tutto ció che non si vede. Desti testimoni della
trasparenza e delle tenebre. Chissá se non
son nati per dipingere in segreto l’ abbagliante
vista del mondo : quella che il paesaggio
naturale nasconde e che tutti portiamo in noi
coperta da un fazzoletto d’ombra posto sugli
occhi – dietro.

Perchè non sono un pittore - Frank O'Hara

Vincent Van Gogh - Camera da letto
Perchè non sono un pittore - Frank O'Hara

Non sono pittore, sono poeta.
Perché? Forse preferirei essere
pittore, ma non lo sono.

Ad esempio, Mike Goldberg
sta iniziando un quadro. Vado a trovarlo
"Siediti e bevi qualcosa" dice
Bevo, beviamo. Guardo
in alto. "Ci hai scritto SARDINE."
"Sì, lì ci mancava qualcosa."
"Ah." Me ne vado, passano i giorni
e ritorno. Il quadro
va avanti; me ne vado, passano
i giorni. Ritorno. Il quadro è
finito. "Dov'è SARDINE?"
Resta solo qualche
lettera, "era troppo pieno," dice Mike.

E io? Un giorno penso a
un colore: l'arancio. Scrivo un verso
sull'arancio. Ben presto diventa
una pagina di parole, non di versi.
Poi un'altra pagina. Ci dovrebbe
essere molto di più, non d'arancio, ma di
parole, su quanto sia terribile l'arancio
e la vita. Passano i giorni. È perfino in
prosa, sono un vero poeta. La poesia
è finita e non ho ancora nominato
l'arancio. Sono dodici poesie, le chiamo
ARANCE. E un giorno in una galleria
vedo il quadro di Mike intitolato SARDINE.
 
traduzione di Andrea Sirotti
 

E qui - Ernesto Che Guevara

opera di Johan Quispe Anccasi

E qui - Ernesto Che Guevara

"Sono meticcio", grida un pittore dalla tavolozza infuocata,
"sono meticcio", mi gridano gli animali perseguitati,
"sono meticcio", esclamano i poeti pellegrini,
"sono meticcio", riassume l'uomo che mi incontra
nel quotidiano dolore di ogni angolo,
e persino l'enigma di pietra della razza morta
accarezzando una vergine di legno dorato:
"È meticcio questo grottesco figlio delle mie viscere".

Io pure sono meticcio per un altro aspetto:
nella lotta in cui si uniscono e si respingono
le due forze che agitano il mio intelletto,
le forze che mi chiamano sentendo delle mie viscere
lo strano sapore di frutto racchiuso
prima di raggiungere la sua maturità dell'albero.

Mi giro al limite dell'America ispana
ad assaporare un passato che ingloba il continente.
Il ricordo scivola con dolcezza indelebile,
come un lontano suono di campana.

L'allodola - Antonia Pozzi

Piana della Crau - Vincent van Gogh
L'allodola - Antonia Pozzi

Dopo il bacio - dall'ombra degli olmi
sulla strada uscivamo
per ritornare:
sorridevamo al domani
come bimbi tranquilli.
Le nostre mani
congiunte
componevano una tenace
conchiglia
che custodiva
la pace.
Ed io ero piana
quasi tu fossi un santo
che placa la vana
tempesta e cammina sul lago.
Io ero un immenso
cielo d'estate
all'alba
su sconfinate
distese di grano.
E il mio cuore
una trillante allodola
che misurava
la serenità.

Le parole sono belle - Charles Bukowski

Le parole sono belle - Charles Bukowski

Le parole sono belle
e pericolose.
Se vengono a trovarti,
te ne accorgerai
e ti sentirai
il più fortunato
della terra. Nient'altro
avrà più importanza
e tutto sembrerà importante.
Ti sentirai il dio sole,
riderai del tempo che fugge,
ce l'avrai fatta,
lo sentirai dalle dita
fino alle budella,
e sarai diventato,
finché dura,
un fottutissimo scrittore
che rende possibile l'impossibile,
scrivendo parole,
scrivendole,
scrivendole.

Sia dolce con noi – Davide Rondoni

opera di Andrew Wyeth
Sia dolce con noi – Davide Rondoni

Sia dolce con noi.
Su di noi altissimo cielo,
in noi vicinissima pietà.
Sia respiro,
tremato segreto.
Sia cuore nel cuore della notte,
sia nuovo arco del giorno.
Sia Compassione!

Sii dolce con noi.

Vieni
nella sera che si svena.
Nelle feste di cocci.
Vieni al morire delle ore,
vieni nel nostro livore.

Vieni nei grandi presepi,
nei bambini vuoti.
Vieni nelle ore carcerate,
nelle preziose coppe sbeccate.

Sii Compassione!

Vieni
nel valzer triste,
nella dischiusa mandorla del sogno.
Vieni nelle ore chinate,
nell’incanto, nelle poesie dimenticate.

Vieni nei debolissimi pianti,
negli uomini profanati.
Vieni nelle ore gementi,
nella malattia, vieni nelle menti.

Sii respiro!

Vieni nella sconosciuta particella,
nei pensieri filo -di –ragno.
Vieni nelle ore centellinate,
nelle regine denudate.

Vieni
nel nostro amore balbuziente,
nel niente di voce rimasto.
Nelle ore ingravidate.
Vieni nelle nostre polveri innamorate.
Vieni e sii tormento.
Vieni nel mio frammento.

Petali – Helle Busacca

opera di Catherine Abel
Petali – Helle Busacca

Poi, qualche volta, a sera si ritrovano
nevicate di petali alle soglie.
Dietro quel volto i cieli si scolorano,
anneriscono.
Più non ci rimane
che uno stupore di esistere.
E avremmo un tempo, ad una sua parola,
sbiancato come i salici alla luna…