opera di Mary Sauer
Da “Uomini nudi” – Alicia Giménez-Bartlett(…)
Sono venuta in azienda prestissimo stamattina, anche se non so per cosa. Ma da quando sono arrivata non ho ricevuto altro che lamentele e butte notizie. Se non fosse per papà, per la memoria di papà, avrei già dato un calcio a tutto. Ma oggi quando mi sono alzata mi sentivo intraprendente, piena di energie, di voglia fi fare. Forse volevo smettere di pensare a ieri notte. Mi era bastato aprire gli occhi perché quelle sensazioni mi invadessero di nuovo. Trafitture nella pancia, brividi in tutto il corpo, debolezza nelle gambe. Non mi era mai successo niente di simile, di così intenso, di così brutale. Sono confusa. Ho quarant’anni. Come ho vissuto finora? Sono una quarantenne che scopre io sesso. Sarebbe buffo se non fosse patetico. Per fortuna mi è capitato con un ragazzo che pago. Sarebbe stato peggio con un vecchio amico ritrovato per caso, con un divorziato conosciuto a una festa organizzata apposta, come qualcuno all’inizio aveva cercato di fare. No, almeno mi sono arrangiata da sola, ho comprato quello che volevo, non mi sono lasciata trascinare da una ridicola storia d’amore. Quello che mi turba è la sorpresa, non aver capito che il desiderio poteva essere così intenso e la sua realizzazione così bestiale.
Ancora sotto le lenzuola, sentivo tutte quelle punture di piacere che magicamente il mio corpo conservava vive. Non ho cercato di scacciarle, al contrario, mi sono lasciata trasportare. Può darsi che per tutta la vita io sia stata una donna fredda. Eppure è ovvio che non sono frigida. L’ho creduto molte volte, ma non lo ritenevo importante. Avevo tutto quello che la gente considera necessario per la felicità: disponibilità economica, un marito, un lavoro importante, prestigio sociale… e adesso scopro che mi mancava una cosa di cui chiunque può godere: il piacere sessuale.
D’impulso ho preso il telefono per chiamare Javier. Grazie al cielo ho ancora un grammo di buon senso e mi sono frenata in tempo. Non posso concedermi l minima illusione. Javier è un ragazzo che si prostituisce. Quella che per me è stata un’esperienza profonda, per lui è la routine. Lui si fa pagare per le sue prestazioni. Va a letto di continuo con donne sempre diverse che nemmeno conosce. Non posso pensare a lui come a un uomo normale. Non lo è.
E poi c’è una cosa che per me è più importante di ogni altra al mondo: conservare il controllo di me stessa. Sono sola. Papà non c’è più. Sotto di me c’è il vuoto. Devo stare attenta a non posare il piede fuori dalla sottile fune d’acciaio su cui cammino, altrimenti cadrò e cadrò senza arrivare mai a schiantarmi contro niente di solido. Posso solo cadere.
Non ho nessun bisogno di chiamarlo. Le sensazioni che mi ha dato e che rimangono nel mio corpo sono soltanto mie. Posso vivere di quelle ancora un po’, riportarle in vita invece di fuggirle, tenerle sotto il mio controllo.
(…)
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