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17 maggio 2018

da “Estasi culinarie” - Muriel Barbery

Pittore emiliano - Costata di manzo su piatto di peltro
da “Estasi culinarie” - Muriel Barbery
(…)
(Renée)
Rue de Grenelle, la guardiola dei portinai

E poi, cos’altro ancora?
A loro non basta che io stia lì tutti i santi giorni a pulire il fango lasciato dalle loro scarpe da ricchi, ad aspirare la polvere delle loro passeggiate da ricchi, ad ascoltare le loro conversazioni e i loro crucci da ricchi, a sfamare i loro cagnolini, i loro micetti, a innaffiare le loro piante, a soffiare il naso ai loro rampolli, a ricevere lo loro strenne – quello è l’unico momento non giocano più a fare i ricchi -, ad annusare i loro profumi, ad aprire la porta ai loro conoscenti, a distribuire la loro corrispondenza con tanto di estratti conto da ricchi, rendite da ricchi e scoperti da ricchi, a farmi violenza per rispondere ai loro sorrisi, e infine ad abitare nel loro palazzo da ricchi, io, la portinaia, la nullità, la cosa al di là del vetro, che si saluta in fretta e furia per non avere storie, perché mette a disagio vedere quella vecchia ciabatta rinchiusa nel suo oscuro bugigattolo, senza lampadario di cristallo, senza scarpe di vernice, senza soprabito di cammello, mette a disagio ma nello stesso tempo rassicura, come fosse l’incarnazione del divario sociale che giustifica la superiorità della loro classe, come uno sgorbio che esalta la loro magnificenza, come una comparse che mette in risalto la loro eleganza – no, a loro ancora non basta,
perché io, oltre a tutto ciò, oltre a dover vivere giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto ma soprattutto, ed è la cosa peggiore, anno dopo anno un’esistenza da reclusa disdicevole, io dovrei capire le loro pene da ricchi!
Se vogliono notizie del Maeeestro, che suonino alla sua porta.

Il padrone
Rue de Grenelle, la camera

Per quanto indietro possa spingermi con la memoria, mi è sempre piaciuto mangiare. Non saprei dire con esattezza cosa mi abbia provocato le prime estasi culinarie, anche se l’identità della mia prima cuoca prediletta – mia nonna – non lascia molti dubbi al riguardo. Il menu delle feste prevedeva stufato di carne, patate stufate e pane in abbondanza per fare la scarpetta. Non ho mai capito se da allora quello che non riesco a rivivere sia la mia infanzia o piuttosto lo stufato; ma di sicuro non ho mai più degustato tanto voracemente – ossimoro di cui sono specialista – come alla tavola di mia nonna quelle patate così ben intrise di sugo, piccole spugne squisite. E’ forse questa la sensazione dimenticata che mi affiora nel petto? Mi basta forse chiedere ad Anna di lasciar marinare qualche tubero nel sugo di un galletto cotto in un vino qualunque? Ahimè, so perfettamente che non è così. So perfettamente che quello a cui sto dando la caccia è sempre sfuggito al mio estro, alla mia memoria,alla mia riflessione. Mirabolanti pot-au-feu, polli alla cacciatora da cadere in deliquio, strabilianti galletti al vino, sbalorditive fricassee, voi siete compagni della mia infanzia carnivora e sugosa. Vi adoro, amabili tegami dagli effluvi di selvaggina, ma adesso non sto cercando voi.
(…)

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