dipinto di Andrew Wyeth
da “Il libro
dell’inquietudine” – Fernando Pessoa
149.
Lento, là fuori, nel chiarore lunare della notte lenta, il vento agita cose
che creano ombre in movimento. Forse non è altro che la biancheria lasciata
stesa al piano superiore, ma l’ombra, in sé, non conosce camicie e fluttua
impalpabile in un muto accordo con il tutto. Ho lasciato aperte le imposte
della finestra per svegliarmi presto, ma fino a questo momento, e la notte
ormai è così fonda che non si sente nulla, non mi sono potuto né abbandonare al
sonno né rimanere completamente sveglio. Una luce lunare è al di là delle ombre
della mia stanza, ma non passa attraverso la finestra. Esiste, come una
giornata di argento vuoto, mentre i tetti del palazzo di fronte, che vedo dal letto,
sono liquidi di un candore annerito. Come auguri formulati dall’alto a chi non
sente, c’è una pace triste nella luce fredda della luna. E senza vedere, senza
pensare, con gli occhi ormai chiusi sul sonno assente, medito con quali parole
verosimili si possa descrivere un chiarore lunare. Gli antichi avrebbero detto
che il chiaro di luna è bianco o che è d’argento. Ma il falso candore del
chiaro di luna è di tanti colori. Se mi alzassi dal letto e guardassi da dietro
i vetri freddi, so bene che, isolato nell’atmosfera più alta, il chiarore della
luna è bianco cenere bluastro di un giallo spento; che sui diversi tetti, nel
loro irregolare nerume, ora indora di un bianco scuro gli edifici sottostanti,
ora inonda di un colore scolorito il rosso castano delle tegole in alto. In
fondo alla strada, placido abisso, dove i sassi nudi si arrotondano
irregolarmente, non ha colore, all’infuori di un blu che forse risulta dal
grigio dei sassi. In fondo all’orizzonte sarà quasi blu scuro, diverso dal blu
tendente al nero del cielo sullo sfondo. Sulle finestre dove batte, è giallo
scuro. Da qui, dal mio letto, se apro gli occhi pieni del sonno che non ho, è
un’aria di neve fatta colore dove fluttuano filamenti di spenta madreperla. E,
se lo sento, con ciò che sento, è un tedio divenuto ombra bianca che si
scurisce come se gli occhi si chiudessero su questo candore indistinto.
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