dipinto di Paul Schulenburg
Manuel Vasquez
Montalban – tatuaggio
(…)
Non
poteva essere che il campanello della porta. La mano di Pepe Carvalho palpava
la sveglia ma il cuore del nervoso animale non stava trillando. Qualcuno
bussava. Qualcuno bussava alla porta. Batté la spalla nuda di Charo, che
emergeva tra le onde delle lenzuola.
“Qualcuno
bussa.”
“Apri.”
“Questa
casa è tua. Vai a vedere chi è.”
“Che
ore sono?”
Charo
era ormai quasi sveglia e sembrava interessarsi a quel che succedeva.
“L’una.”
“Di
notte?”
Pepe
Carvalho le indicò gli spicchi di sole sul pavimento della camera che
filtravano sotto l’uscio. Charo saltò giù dal letto. Tremò nella sua nudità e
si infilò una vestaglia di seta ricamata. Calzò le pantofole dell’uomo, si
ravviò con una mano i capelli arruffati e uscì. Carvalho, ormai quasi in piedi,
ascoltò un po’ allarmato i rumori abituali della porta che veniva aperta, la
conversazione, la porta di nuovo chiusa. Le pantofole tornarono indietro
strappando rumore dal parquet. Charo aveva sul volto una smorfia seccata e
delusa.
“La
Grassa.”
“Chi?”
“La
Grassa. L’apprendista della parrucchiera Queta. Ti sta cercando. Il padrone
vuole vederti.”
“Perché?
Come ha fatto a sapere che ero qui?”
“In
che quartieri pensi che io viva? Mandala a quel paese, se non ti interessa.”
Ma
Pepe era già uscito dalla stanza e si trovò di fronte un’adolescente grassa. Le
quattro prominenze della ragazza non annullavano il predomino della malizia
opaca dei suoi occhi, che scrutarono la seminudità di Carvalho come in una
dichiarazione di complicità.
“Il
padrone vuole vederla.”
“E
chi è questo tuo padrone?”
“Il
signor Ramòn, il marito della signora Queta.”
“Cosa
vuole?”
“Dice
che lei deve andare a trovarlo. Che è urgente. Tenga.”
Gli
porse un foglio di carta. Carvalho aprì un altro po’ la porta per riuscire a
leggere: “Ho tra le mani una questione che può interessarla”. Carvalho posò il
biglietto sopra la mensola dell’ingresso e tornò in camera. Indossò gli
indumenti ammucchiati su una sedia a dondolo, mentre Charo si schiacciava i
punti neri allo specchio della toeletta.
“Torno
domani. Hai molti appuntamenti oggi?”
“Quatto
o cinque, dalle sette in poi.”
“Tranquilli?”
“Psé.
Un po’ di tutto. Ma puoi venire qui a dormire se vuoi.”
“Devo
passare da casa mia. Caso mai ci fosse posta. Ho trascurato le mie cose,
ultimamente.”
Carvalho
andò verso l’ingresso ma d’improvviso cambiò rotta, entrando in cucina. Il
frigorifero gli offrì una luminosità analoga al suo vuoto. cacciò il dito nella
panna montata di un pasticcino e poi se lo succhiò. Decise di prendere un
bicchiere di acqua ghiacciata e mezza tavoletta di cioccolato. Notò che la
bottiglia di champagne, una costante nel frigorifero di Charo, era ancora a
metà. La stappò e bevve qualche sorso dello champagne liscio e gelido, ormai
sgasato. Svuotò il rimanente nell’acquaio e, voltandosi, vide Charo appoggiata
allo stipite della porta, con la faccia coperta di crema, e avvolta in un
accappatoio bianco.
“Grazie
per avermela svuotata.”
“era
andata a male.”
“Mi
piace andato a male.”
“Scusami.”
Ma
Charo era scomparsa dal vano della porta e gli aveva liberato la strada.
Carvalho raggiunse l’ingresso dove la Grassa stava aspettando tra sbuffi
d’impazienza.
Nessun commento:
Posta un commento