da “Tuttomio – Andrea Camilleri
Giulio la sveglia sfiorandole appena un orecchio con le labbra e sussurra:
“Ari, ti saluto, devo andare.”
Ha sentito, ha capito, ma non è in condizione di rispondere.
Giulio ripete, credendo di non averla svegliata:
“Ari, ciao, devo…”
“Ma che ore sono?” domanda lei con la voce impastata e gli occhi tenuti ostinatamente chiusi.
“Le sette e mezzo.”
“Dio mio!”
Per un istante continua a rifiutarsi della coscienza, trincerandosi dietro lo schermo di un buio profondo.
Poi apre gli occhi, solleva un poco la testa.
Gli scuri della finestra sono aperti a metà, lasciano entrare un fiotto di luce assassina.
Lei è costretta a sbattere le palpebre per mettere a fuoco l’immagine della stanza.
Giulio è in piedi accanto al letto, profuma di dopobarba. E’ completamente vestito, pronto per uscire.
“Come restiamo d’accordo?” le domanda. “vai aavanti da sola o vuoi che passi a prenderti più tardi e andiamo con la mia macchina?”
“Ma tu a che ora pensi di finire in ufficio?”
“Non prima delle dieci, dieci e mezzo.”
“Figurati! Come minimo ti presenteresti qua alle undici. No faremmo troppo tardi. E’ meglio se mi raggiungi là.”
“A lui a che ora hai detto di venire?”
“Alle undici. Hai avvertito Franco?”
“Gli telefono più tardi, verso le nove.”
“Non è che te ne scordi? Che poi io arrivo all’improvviso e quello…”
“Tranquilla, l’avvero. Ciao.”
“Ciao. Ah, per favore, dì a Elena…”
“Va bene.”
Arianna riappoggia la testa sul cuscino e tira su il lenzuole stropicciato sino a coprirsi la faccia, chiude gli occhi.
(…)
Giulio la sveglia sfiorandole appena un orecchio con le labbra e sussurra:
“Ari, ti saluto, devo andare.”
Ha sentito, ha capito, ma non è in condizione di rispondere.
Giulio ripete, credendo di non averla svegliata:
“Ari, ciao, devo…”
“Ma che ore sono?” domanda lei con la voce impastata e gli occhi tenuti ostinatamente chiusi.
“Le sette e mezzo.”
“Dio mio!”
Per un istante continua a rifiutarsi della coscienza, trincerandosi dietro lo schermo di un buio profondo.
Poi apre gli occhi, solleva un poco la testa.
Gli scuri della finestra sono aperti a metà, lasciano entrare un fiotto di luce assassina.
Lei è costretta a sbattere le palpebre per mettere a fuoco l’immagine della stanza.
Giulio è in piedi accanto al letto, profuma di dopobarba. E’ completamente vestito, pronto per uscire.
“Come restiamo d’accordo?” le domanda. “vai aavanti da sola o vuoi che passi a prenderti più tardi e andiamo con la mia macchina?”
“Ma tu a che ora pensi di finire in ufficio?”
“Non prima delle dieci, dieci e mezzo.”
“Figurati! Come minimo ti presenteresti qua alle undici. No faremmo troppo tardi. E’ meglio se mi raggiungi là.”
“A lui a che ora hai detto di venire?”
“Alle undici. Hai avvertito Franco?”
“Gli telefono più tardi, verso le nove.”
“Non è che te ne scordi? Che poi io arrivo all’improvviso e quello…”
“Tranquilla, l’avvero. Ciao.”
“Ciao. Ah, per favore, dì a Elena…”
“Va bene.”
Arianna riappoggia la testa sul cuscino e tira su il lenzuole stropicciato sino a coprirsi la faccia, chiude gli occhi.
(…)
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