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4 maggio 2018

La casa bianca caravella nera – Fernando Pessoa

dipinto di Marc Chalme
La casa bianca caravella nera – Fernando Pessoa

Io sono ben seduto sulla mia poltrona, è tardi, l’estate sta andando via…
Nemmeno sogno, né penso, un torpore si propaga nel mio cervello
Non esiste l’indomani per il mio torpore di quest’ora…
Ieri c’è stato un sogno cattivo che qualcuno ha fatto in me…
C’è una interruzione laterale nella mia coscienza…
I battenti della finestra di questa serata sono fermi per metà
Benché le finestre siano grandemente aperte…
Io cerco di seguire senza attenzione le mie sensazioni senza alcun filo
E la personalità che possiede si tiene tra il corpo e l’anima…

Se si potesse accedere
A uno stato che non sia perfettamente interiore per l’anima,
Una oggettivazione a sonagli immobili tutt’intorno al di dentro di me stesso…
L’impossibilità di tutto ciò che io non riesco proprio a sognare
Mi fa male dietro il dorso della mia coscienza senziente.

le caravelle hanno levato l’àncora
Levata l’àncora per il loro periplo e non so in quale giorno ha iniziato a veleggiare,
E la rotta da seguire era inscritta nel ritmo,
Il ritmo perso delle canzoni morte dei marinai che visitavano i sogni
Alberi immobili della proprietà, visti attraverso le finestre,
Alberi a me estranei ad un punto inconcepibile della coscienza
che ho che io così come sono alla vostra presenza,
Alberi tutti conformi alla vostra essenza di essere solamente ciò che io vedo,
Non potere, io, fare qualcosa, del genere presenza d’alberi, che cessa di far male
Non potere, io, coesistere dall’altro lato con questo me che
vede voi signori da questa parte qui,
E potermi alzare da questa poltrona e lasciare i miei sogni sul sole…
Quali sogni? Io non so se ho sognato… Quali caravelle sono andate via? E verso dove?
Io avuto questa impressione discontinua perché sul tavolo che mi sta di fronte
Delle caravelle vanno. Delle caravelle, no: barche, ma le caravelle sono in me
E l’imprecisione in cui ci si culla vale più della certezza sufficiente,
Poiché ciò che è sufficiente scompare nella sua sufficienza, e
dunque non è più sufficiente nella sua scomparsa
Niente di simile a ciò dovrebbe essere il sentimento della vita…

Chi ha posto le forme degli alberi nell’esistenza degli alberi?
Chi ha dato delle fronde agli alberi e non i ha lasciato rinverdire?
Dove ho messo il mio pensiero, la sua assenza tanto mi addolora,
Le mie sensazioni prive del soccorso dell’arresto volontario, e il mare profondo,
E l’ultimo viaggio, sempre più lontano, caravelle pronte per partire…

Non vi è la minima sostanza pensata nella materia d’anima con la quale penso…
Non ci sono altro che finestre grandi. aperte, fermate a metà a
causa del calore che non c’è più
E il giardino pieno di luce senza luce, di istante in istante, quasi vicino a me…

Sul vetro aperto, di fronte all’angolo in cui il mio sguardo la acchiappa
La casa bianca dove abita… (l’abitante è astratto).
Fermo lo sguardo e i miei occhi fissi sulla casa bianca senza vederla
Sono di altri occhi che guardano senza essere fissati la caravella che si allontana.

Ed io irrigidito, intorpidito, sonnolento
ho negli occhi il tocco del mare là in basso che mi culla lontano da qui
E’ nella coscienza che ci soffro…

Ai miei veri palazzi lontani, la caravella a cui io penso non conduce.
Dalle scale che danno sul mare inaccessibile, che non mette al riparo.
I giardini meravigliosi di isole indecifrabili, non recano gioia.
Tutto perde il senso che io ricovero nel mio portico
E il mare inabissa nei tuo occhi il portico scompare…

Che la notte scenda, che non scenda, solo che si portino le candele
Si deve illuminare la casa che io non vedo sulla collina, e me steso laggiù…
Ombra umida tra i rumori del lavoro notturno senza luna, le ranocchie gracchiano,
Gracido tardivo nella valle, perché tutto è valle laddove il rumore fa male…

Miracolo dell’apparizione ai folli di Notre-Dame-dell’Angoscia…
Gli occhi fermi, la testa che ricade contro la colonna corretta
E il mondo al di là dei vetri: un paesaggio senza rovine…

La casa bianca caravella nera…

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