Pagine

26 giugno 2018

Casa – Warsan Shire

dipinto di Paul Schulenburg
Casa – Warsan Shire

nessuno lascia casa a meno che
la casa non sia la bocca di uno squalo

fuggi verso il confine solo
quando vedi tutta la città in fuga
i tuoi vicini che corrono più veloci di te
il respiro di sangue nella gola
il ragazzo con cui andavi a scuola
che ti stordiva di baci dietro la fabbrica di lattine
ora impugna una pistola più grande di lui
la sci casa solo
quando è la casa a scacciarti

nessuno lascia la casa a meno che non sia la casa ad inseguirti
fuoco sotto ai piedi
sangue che ribolle nella pancia

qualcosa che non avresti mai pensato di fare
finché non hai sentito bruciare la lama
sul collo
e anche allora hai continuato a mormorare l’inno nazionale
sottovoce
e solo mentre strappavi il passaporto nei bagni di un aeroporto
singhiozzando a ogni boccone di carta
ti è stato chiaro che non ci saresti più tornato

dovete capire,
nessuno mette i figli su una barca
a meno che l’acqua non sia più sicura della terra

nessuno si brucia le palme delle mani
sotto ai treni
sotto i vagoni
nessuno passa giorni e notti nel ventre di un camion
mangiando carta di giornale a meno che le miglia percorse
non valgano qualcosa più del viaggio

nessuno striscia sotto i reticolati
nessuno vuole essere pestato
compatito

nessuno sceglie i campi profughi
o le perquisizioni
che ti lasciano il corpo spezzato
o il carcere,
perché il carcere è più sicuro
di una città in fiamme
e un secondino
nella notte
è meglio di un carico
di uomini che assomigliano a tuo padre

nessuno ce la può fare
nessuno può sopportarlo
nessuno ha la pelle così dura

II

andatevene a casa neri
rifugiati
sporchi immigrati
richiedenti asilo
che prosciugate il nostro paese
negri con le mani tese
e odori sconosciuti
selvaggi
hanno distrutto il loro paese e adesso
vogliono distruggere il nostro

come fanno le le parole
gli sguardi cattivi
a scivolarti addosso

forse perché il colpo è più leggero
che un arto strappato
e le parole sono più tenere
che quattordici uomini tra
le cosce
e gli insulti più facili
da inghiottire
delle macerie
delle ossa
del corpo di tuo figlio
fatto a pezzi

voglio tornare a casa,
ma la mia casa è la bocca di uno squalo
la mia casa è la canna di un fucile
nessuno lascierebbe casa
se non fosse
la casa a spingerlo verso il mare
se non fosse la casa a dirgli
affrettati
lascia perdere i vestiti
striscia nel deserto
affronta gli oceani
sguazza negli oceani

annega
salvati
fatti fame
chiedi l’elemosina
dimentica l’orgoglio
l’importante è sopravvivere

nessuno lascia casa se non quando la casa è una voce affannata nell’orecchio
che dice –
vattene,
fuggi da me adesso
non so cosa sono
ma so che ogni altro posto
è più sicuro di questo.

Traduzione di Paola Splendore
Canti per i senza patria. Poesia n. 319, Ottobre 2016

Nessun commento:

Posta un commento