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1 giugno 2018

da “Il libro dell’inquietudine” – Fernando Pessoa

dipinto di Kenton Nelson
da “Il libro dell’inquietudine” – Fernando Pessoa
462.

L’arrivo dell’estate mi rattrista. Sembrerebbe che la luminosità delle ore estive, anche se aggressiva, fosse fatta per consolare colui che non sa chi è. Eppure a me non arreca conforto. C’è troppo contrasto fra l’esuberanza della vita esterna e quel che io sento e penso dentro, senza essere capace di sentire né pensare – il cadavere perennemente insepolto delle mie sensazioni. Ho l’impressione di vivere, in questa patria informe che chiamiamo universo, sotto una tirannia politica che, sebbene non mi opprima direttamente, tuttavia offende un qualche occulto principio della mia anima. E allora sprofondo sommessamente, lentamente, nella nostalgia anticipata di un impossibile esilio. Ho principalmente sonno. Non un sonno come tutti gli altri, compresi quelli da malattia, che recano con sé latente il privilegio fisico del riposo. Non un sonno di quelli che, facendo dimenticare la vita e forse portando con sé dei sogni, porgono all’anima sopra a un vassoio le placide offerte di una grande abdicazione. No: il mio è un sonno che non riesce a dormire, che pesa sulle palpebre senza lasciare che si chiudano, che unisce in un’espressione che sappiamo stupida e di ripulsa la commessura sentita delle labbra incredule. Il mio è uno di quei sonni che appesantiscono inutilmente il corpo durante le grandi insonnie dell’anima. Soltanto quando scende la notte riesco in un certo modo a trovare, non un piacere, ma un riposo che, almeno per analogia dei sensi con gli altri riposi che rasserenano, si sente appagato. Allora il sonno passa, la confusione dell’imbrunire mentale che quel sonno aveva portato si smorza, si schiarisce, quasi si illumina. Viene, per un istante, la speranza di altre cose. Ma è una speranza breve perché sopraggiunge un tedio insonne e disperato, il cattivo risveglio di chi non è riuscito a dormire. E dalla finestra della mia stanza fisso, povera anima stanca del corpo, la moltitudine delle stelle: tantissime stelle, nulla, il nulla, ma con tantissime stelle…

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