(…)
Rose sognò Anna. Fu dopo che se n’era andata senza portarla
con sé. Nel sogno incontrava Anna che risaliva Gonzales Hill. Sapeva che stava
tornando da scuola. Le si avvicinava per parlarle, ma Anna le passava accanto
senza rivolgerle la parola. Come meravigliarsi del resto. Era coperta di un’argilla
dalla quale sembravano spuntare rami e foglie producendo l’effetto di ghirlande
morte. Decorazione; devastazione. E quell’argilla, quel fango, non erano secchi,
anzi; le cascavano di dosso facendola apparire misera e informe, un idolo
malfatto dal capo troppo pesante. – Vuoi
venire con me? vuoi stare con papà? – le aveva detto Rose, ma Anna, anziché
rispondere, diceva: – Non voglio che vai via –. Rose aveva trovato lavoro nella
stazione radio di un piccolo centro montano nel Kootenay.
Anna era sdraiata sul letto a baldacchino dove una volta dormivano
Patrick e Rose e dove ora Patrick dormiva da solo. Rose si era trasferita in
salotto.
Anna si addormentava lì e poi Patrick la portava nel suo
letto.
Né Patrick né Rose sapevano quando quell’abitudine aveva
smesso di essere occasionale per trasformarsi in una condizione indispensabile.
In casa non funzionava più niente.
Rose preparava i bagagli. Lo faceva di giorno quando Patrick
e Anna non c’erano. La sera lei e Patrick stavano in parti diverse della casa.
Una volta entrando in sala da pranzo aveva trovato Patrick
che riattaccava delle foto nell’album con lo scotch.
Quel gesto l’aveva fatta arrabbiare.
Vide una foto di lei che spingeva Anna in altalena nel
parco; un’altra in cui sorrideva ammiccante, in bikini; assurdità. – Non era
affatto meglio, allora, – disse. – Sinceramente –. Intendeva che, in fondo in
fondo, progettava da sempre di fare quello che si era decisa a fare soltanto
adesso. Sin dal giorno del matrimonio sapeva che sarebbe arrivato il momento
perché, in caso contrario, tanto valeva morire. Il tradimento era suo.
– Lo so, – disse Patrick con rabbia.
E invece allora era meglio, ovviamente, perché non aveva ancora
cominciato a fare di tutto per accelerare la rottura, per lunghi periodi aveva
perfino scordato che fosse destinata a verificarsi. E anche dire che avesse
progettato di rompere, che si fosse data da fare in quella direzione non era
giusto, perché non aveva mai agito con determinazione, con raziocinio; era successo
anzi in modo quanto mai doloroso e devastante, con tutte le incertezze, le
riconciliazioni e gli strepiti del caso, e ora le pareva di stare su un ponte
sospeso sul vuoto e di poter solo tenere gli occhi sulle assi davanti a sé
senza guardare mai giù, né di lato.
(…)
Traduzione
di Susanna Basso
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