Alessandro Allori - Venere e Cupido. Olio su tela, 1570, 143x226.5. Musée Fabre, Montpellier
da “Elogio della
matrigna” – Mario Vargas Llosa
Da quando aveva fatto
l’amore col ragazzino per la prima volta, aveva perso ogni scrupolo e quel
senso di colpa che prima la mortificava tanto. Era successo il giorno dopo
l’episodio della lettera e delle minacce di suicidio. Era stato tutto così
inatteso che, quando donna Lucrecia se ne ricordava, le sembrava impossibile,
qualcosa di non vissuto ma di sognato o letto. Don Rigoberto si era appena
chiuso nella stanza da bagno per la cerimonia serale dell’igiene e lei, in
vestaglia e camicia da notte, scese ad augurare la buonanotte ad Alfonsito,
come gli aveva promesso. Il ragazzino balzò giù dal letto per accoglierla.
Aggrappato al suo collo, le cercò le labbra e accarezzò timidamente i seni,
mentre entrambi ascoltavano, sopra le loro teste, come
una musica di
sottofondo, don Rigoberto che canticchiava la stonata canzone di un’operetta
cui faceva da contrappunto lo zampillo d’acqua del lavandino. E, d’improvviso,
donna Lucrecia si sentì contro il corpo una presenza pugnace, virile. Era stato
più forte del suo senso del pericolo, un trasporto inarrestabile. Si lasciò
scivolare sul letto mentre attraeva contro di sé il piccolo, con dolcezza, come
temendo di spezzarlo. Aprendosi la vestaglia e scostando la camicia da notte,
lo sistemò e lo guidò, con mano impaziente.
L’aveva sentito
affannarsi, ansimare, baciarla, muoversi, goffo e fragile come una bestiola che
impara a camminare. L’aveva sentito, pochissimo dopo, cacciare un gemito,
finire.
Quando ritornò nella
camera da letto, la toeletta di don Rigoberto non si era ancora conclusa. Il
cuore di donna Lucrecia era un tamburo impazzito, un galoppo cieco. Si sentiva
stupita per la sua temerarietà e - le sembrava una bugia - ansiosa di
abbracciare il marito. Il suo amore per lui era aumentato. Anche la sagoma del
ragazzino era lì, nella sua memoria, a intenerirgliela. Era possibile che
avesse fatto l’amore con lui e che stesse ora per farlo col padre? Sì, lo era.
Non provava rimorso né vergogna. Neppure si considerava una cinica. Era come se
il mondo si piegasse dinanzi a lei, docilmente. La possedeva un’incomprensibile
sensazione di orgoglio. «Questa notte ho goduto più di ieri e più che mai» udì che
diceva don Rigoberto, in seguito. «Non so come ringraziarti per la gioia che mi
dai.» «Neppure io, amor mio» sussurrò donna Lucrecia, tremando.
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