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29 agosto 2018

da “Elogio della matrigna” – Mario Vargas Llosa

Alessandro Allori - Venere e Cupido. Olio su tela, 1570, 143x226.5. Musée Fabre, Montpellier
da “Elogio della matrigna” – Mario Vargas Llosa

Da quando aveva fatto l’amore col ragazzino per la prima volta, aveva perso ogni scrupolo e quel senso di colpa che prima la mortificava tanto. Era successo il giorno dopo l’episodio della lettera e delle minacce di suicidio. Era stato tutto così inatteso che, quando donna Lucrecia se ne ricordava, le sembrava impossibile, qualcosa di non vissuto ma di sognato o letto. Don Rigoberto si era appena chiuso nella stanza da bagno per la cerimonia serale dell’igiene e lei, in vestaglia e camicia da notte, scese ad augurare la buonanotte ad Alfonsito, come gli aveva promesso. Il ragazzino balzò giù dal letto per accoglierla. Aggrappato al suo collo, le cercò le labbra e accarezzò timidamente i seni, mentre entrambi ascoltavano, sopra le loro teste, come
una musica di sottofondo, don Rigoberto che canticchiava la stonata canzone di un’operetta cui faceva da contrappunto lo zampillo d’acqua del lavandino. E, d’improvviso, donna Lucrecia si sentì contro il corpo una presenza pugnace, virile. Era stato più forte del suo senso del pericolo, un trasporto inarrestabile. Si lasciò scivolare sul letto mentre attraeva contro di sé il piccolo, con dolcezza, come temendo di spezzarlo. Aprendosi la vestaglia e scostando la camicia da notte, lo sistemò e lo guidò, con mano impaziente.
L’aveva sentito affannarsi, ansimare, baciarla, muoversi, goffo e fragile come una bestiola che impara a camminare. L’aveva sentito, pochissimo dopo, cacciare un gemito, finire.
Quando ritornò nella camera da letto, la toeletta di don Rigoberto non si era ancora conclusa. Il cuore di donna Lucrecia era un tamburo impazzito, un galoppo cieco. Si sentiva stupita per la sua temerarietà e - le sembrava una bugia - ansiosa di abbracciare il marito. Il suo amore per lui era aumentato. Anche la sagoma del ragazzino era lì, nella sua memoria, a intenerirgliela. Era possibile che avesse fatto l’amore con lui e che stesse ora per farlo col padre? Sì, lo era. Non provava rimorso né vergogna. Neppure si considerava una cinica. Era come se il mondo si piegasse dinanzi a lei, docilmente. La possedeva un’incomprensibile sensazione di orgoglio. «Questa notte ho goduto più di ieri e più che mai» udì che diceva don Rigoberto, in seguito. «Non so come ringraziarti per la gioia che mi dai.» «Neppure io, amor mio» sussurrò donna Lucrecia, tremando.

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