Elle se ne rende pas la Commune de Paris
Ascoltando, sii forte,
le labbra stringi.
Ecco come affrontò la sorte
la Comune di Parigi.
I
Cupi rombavano i tamburi,
le prime fucilate
all’alba scheggiavano i muri,
sorgevano barricate.
Un fortilizio s’arrende,
la fine è vicina.
Come da vene il sangue scende
da ogni strada parigina.
Ma la Comune accetta la sfida,
per morire non è tardi!
Parigi rabbiosa grida:
“All’assalto, comunardi!
Lavoratori, all’assalto!
Figli! Donne! Vivremo!
Sangue a fiotti sull’asfalto,
ma anche per oggi ne avremo!
Prima che il canagliume
sui nostri corpi rovini,
alle barricate, o Comune,
all’assalto, cittadini!”
II
Laggiù i rossi son battuti,
ed ecco, d’acciaio splendenti,
a Montmartre son piovuti
di Versailles i reggimenti.
E là, dove a marzo han
fucilato
I generali Thomas e Lecomte,
solleva l’arma un graduato
e urla davanti al fronte:
“Soldati! Questi furfanti
sterminate in un momento!”
I soldati ottusi e zelanti
ne addossano al muro oltre
cento.
Al crepitio degli spari
il suolo si fa vischioso.
Sotto i chepì dei sicari
si cela l’occhio furioso.
III
A Père-Lachaise già fioriscono
i castagni,
profuma l’erba schiacciata da
coloro
che in essa giacciono – i
compagni
morti “in nome del diritto e
del lavoro”.
Generale Galliffet, doma la
rivolta,
che ai tuoi soldati si
fiacchino le mani!
Oggi quaranta! Duecento alla
volta!
Cinquemila! Diecimila domani!
Generale Galliffet, per
l’esecuzioni
la Francia una medaglia ti
darà!
Galliffet, hai il sangue sui
calzoni!
Galliffet, assassino, puzzi di
viltà!
Nel cimitero Pére-Lachaise il
giorno langue,
biancheggia il muro nel buio
serale.
No, non è l’erba che profuma –
è il sangue!
Non è un cimitero – è un covo
spettrale!
IV
Notte, notte d’incendi,
greve, nefasta.
La Comune come nembi
il pericolo sovrasta.
Capisaldi distrutti,
speranze allo stremo.
“Cittadini, presto tutti
a turno periremo”.
Dąbrowski a terra giace,
Raoul Rigault soccombe,
ai crocevia – una strage,
si scavano le tombe.
Tu, branco di sparvieri,
che il popolo disarmi:
generali, banchieri,
preti e gendarmi!
A Parigi! Vendetta!
I boia han decretato:
croce e baionetta
sul proletariato.
Ma Parigi sa morire,
Comune, alla riscossa!
Libertà! A te fluire,
la tua acqua è rossa…
V
“Cittadino Delescluze, giù la
testa, incosciente!
La barricata cadrà, lì la
morte è sicura!”
Ma il vecchio con la fascia
rossa non sente,
sta ritto, poggiandosi al
bastone, non ha paura.
Place Château d’Eau
conquistata. Altrove,
a destra, si resiste, s’è
arresa la riva manca.
“Cittadini, avanti!” Ma
nessuno si muove.
Il vecchio è solo. Il vento
arruffa la chioma bianca.
Passo passo, a fatica, giunse
alla barricata,
e là, tra i cadaveri di cento
comunardi,
come il capitano d’una nave
abbandonata,
il delegato della Comune
cadde.
Strepito e spari. I
versagliesi fanno una barriera.
La strada è vuota. A terra
solo quel corpo nell’ombra,
inerte, come dall’asta una
lacera bandiera,
il selciato è il suo
stendardo, e Parigi – la tomba.
VI
Incendi, incendi, incendi
E nel fumo ancora si spara.
Parigi, no, non ti arrendi!
Sanguinante, incantevole,
amara!
Anche se dovrai cadere,
ché non c’è scampo oramai,
per vendicar Delescluze e
Millière
gli ostaggi al muro metterai:
gesuiti, spie, un prete
grasso,
un banchiere, un poliziotto…
Ma il numero è basso:
soltanto quarantotto.
VII
La morte s’affretta,
contate le ore:
la baionetta
sul lavoratore.
Inondazione
di sangue umano.
A lungo un rione
rintrona lontano.
Ancora non basta,
ancora si spara!
La pioggia nefasta
il cielo rischiara.
Carica! Fuoco!
Alla baionetta!
S’ode un grido roco:
“Non cedere, aspetta!”
VIII
Lotta, o barricata!
Muori, o barricata!
Canto di Parigi,
trasformati in rombo!
Come un rossoalato
stormo di uccelli
vola oltre i corpi
sull’ali del piombo!
Lotta, o barricata!
Perisci, o indomita!
Verrà la vittoria,
verrà il giusto premio.
O lavoratori,
tenetelo a mente!
O proletariato
di Francia e del mondo!
Muori, o barricata!
La bandiera in alto!
Invitta e libera,
cadi impassibile,
severa, l’ultima
nella morta città,
indistruttibile,
indistruttibile!
IX
Oltre trentamila i fucilati,
centomila gettati in catene.
Dissanguata, senza più boati,
Parigi intorpidita geme.
Un proclama è stato emesso:
“Parigini – c’è scritto –
nella città tornano adesso
lavoro, ordine e diritto…”
Il selciato divelto
mostra i denti di pietra,
stridìo di catene, a passo
svelto,
marcia la soldataglia lieta.
Borghesia, ritorna da
Versailles!
Ringrazia pure il tuo dio!…
Gli ultimi fuochi ardon qua e
là,
le strade son vuote. Comune,
addio!…
1928
Trad. Paolo Ststuti
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