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12 settembre 2018

da “Gli amori difficili”. L'avventura di un fotografo, (1955) – Italo Calvino

dipinto di Kenton Nelson 
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un fotografo, (1955) – Italo Calvino
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Nella smania dei genitori novelli d'inquadrare la prole nel mirino per ridurla all'immobilità del biancoenero o della diapositivafotocolor, il nonfotografo e nonprocreatore Antonino vedeva soprattutto una fase della corsa verso la follia che covava in quel nero strumento. Ma le sue riflessioni sul nesso iconotecafamigliafollia erano sbrigative e reticenti: altrimenti avrebbe compreso che in realtà chi correva il pericolo maggiore era lui, lo scapolo.
Nella cerchia d'amicizie d'Antonino s'usava passare la finesettimana fuori città in comitiva, secondo una consuetudine che per molti di loro durava dagli anni studenteschi, e che s'era estesa alle fidanzate e poi alle spose e alle figliolanze, nonché alle balie e governanti, e in alcuni casi ai parenti acquistati e a nuove conoscenze d'ambo i sessi. Ma poiché la continuità delle frequentazioni e abitudini non era mai venuta meno, Antonino poteva far finta che nulla fosse cambiato col passare degli anni e che quella fosse ancora la comitiva di giovanotti e di ragazze d'una volta, anziché un conglomerato di famiglie in cui egli restava il solo scapolo superstite.
Sempre più spesso, in queste gite montane o marine, al momento della foto di gruppo familiare o interfamiliare, era richiesto l'intervento d'un operatore estraneo, magari d'un passante che si prestasse a premere lo scatto dell'apparecchio già messo a fuoco e puntato nella direzione voluta. In questi casi Antonino non poteva rifiutare i suoi servigi: raccoglieva la macchina dalle mani d'un genitore o d'una genitrice che correvano a piazzarsi in seconda fila sporgendo il collo tra due teste o ad accoccolarsi tra i più piccoli; e concentrando tutte le sue forze nel dito preposto all'uso schiacciava il grilletto. Le prime volte un inconsulto irrigidirsi delle braccia deviava la mira a catturare alberature d'imbarcazioni o guglie di campanili, o a decapitare nonni e zii. Fu accusato di farlo apposta, biasimato per un cattivo genere di scherzi. Non era vero: la sua intenzione era di
concedere il dito come docile strumento della volontà collettiva, ma intanto di servirsi della
momentanea posizione di privilegio per ammonire fotografi e fotografati sul significato dei loro atti.
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