12 settembre 2018

da “Gli amori difficili”. L'avventura di un fotografo, (1955) – Italo Calvino

dipinto di Kenton Nelson
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un fotografo, (1955) – Italo Calvino
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Antonino cadde in una crisi depressiva. Cominciò a tenere un diario: fotografico, s'intende. Con la macchina appesa al collo, chiuso in casa, sprofondato in una poltrona, scattava compulsivamente con lo sguardo nel vuoto. Fotografava l'assenza di Bice.
Raccoglieva le foto in un album: vi si vedevano portaceneri pieni di mozziconi, un letto sfatto, una macchia d'umidità sul muro. Gli venne l'idea di comporre un catalogo di tutto ciò che nel mondo esiste di refrattario alla fotografia, di lasciato fuori sistematicamente dal campo visivo non solo delle macchine ma degli uomini. Su ogni soggetto passava giornate, esaurendo rotoli interi, a intervalli di ore, in modo da seguire i mutamenti della luce e delle ombre. Un giorno si fissò su un angolo della stanza completamente vuoto, con un tubo del termosifone e nient'altro: ebbe la tentazione di continuare a fotografare quel punto e solo quello fino alla fine dei suoi giorni.
L'appartamento era lasciato nell'abbandono, fogli e vecchi giornali giacevano spiegazzati al suolo, e lui li fotografava. Le foto sui giornali venivano fotografate anch'esse, e un legame indiretto si stabiliva tra il suo obiettivo e quello di lontani fotoreporter. Per produrre quelle macchie nere la lente d'altri obiettivi s'era puntata su cariche della polizia, auto carbonizzate, atleti in corsa, ministri, imputati.
Antonino ora provava un particolare piacere a ritrarre gli oggetti domestici inquadrati da un mosaico di telefoto, violente macchie d'inchiostro sui fogli bianchi. Dalla sua immobilità si sorprese a invidiare la vita del fotoreporter che si muove seguendo i moti delle folle, il sangue versato, le lacrime, le feste, il delitto, le convenzioni della moda, la falsità delle cerimonie ufficiali; il fotoreporter che documenta sugli estremi della società, sui più ricchi e sui più poveri, sui momenti eccezionali che pure si producono a ogni momento in ogni luogo.
«Vuol dire che solo lo stato d'eccezione ha un senso? - si domandava Antonino. - È il fotoreporter il vero antagonista del fotografo domenicale? I loro mondi si escludono? Oppure l'uno dà un senso all'altro?» e così riflettendo prese a fare a pezzi le foto con Bice o senza Bice accumulate nei mesi della sua passione, a strappare le filze di provini appese ai muri, a tagliuzzare la celluloide delle negative, a sfondare le diapositive, e ammucchiava i residui di questa metodica distruzione su giornali distesi per terra.
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