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16 ottobre 2018

L'orologio - da “Lo spleen di Parigi” – Charles Baudelaire

XVI • L'orologio - da “Lo spleen di Parigi” – Charles Baudelaire

I Cinesi leggono l'ora nell'occhio dei gatti.
Un giorno un missionario, passeggiando nei sobborghi di Nanchino, si accorse di aver dimenticato l'orologio e chiese a un ragazzino che ora fosse.
Il monello del celeste impero dapprima esitò; poi ci ripensò e rispose: «Ve lo dico subito». Qualche istante più tardi ricomparve tenendo in braccio un bel gattone e, guardandolo, come si dice, nel bianco degli occhi, affermò senza esitare: «Manca poco a mezzogiorno».
Il che era assolutamente vero.
Quanto a me, se mi chino sulla bella Felina che ben merita un tal nome, pur essendo, nello stesso tempo, l'onore del suo sesso, l'orgoglio del mio cuore e l'aroma del mio spirito - allora, sia giorno oppure notte, in piena luce o nell'ombra opaca, io leggo distintamente nei suoi occhi adorabili sempre la stessa ora, un'ora grande, vasta e solenne come lo spazio, non divisa in minuti né in secondi, un'ora immobile che gli orologi non segnano, e che tuttavia è leggera come un sospiro, veloce come uno sguardo.
E se qualche importuno venisse a disturbarmi mentre i miei occhi riposano su questo delizioso quadrante, se qualche Genio intollerante e villano, se qualche Demonio intempestivo venisse a dirmi: «Che cosa stai fissando là con tanta attenzione? Che cosa cerchi negli occhi di questa creatura? Stai forse guardando che ora è, o mortale prodigo e infingardo?». Allora io risponderei senza esitare: «Sì, sto guardando che ora è: ed è l'Eternità!».
Non vi pare, signora, che questo sia un madrigale davvero meritorio, e per di più enfatico proprio come voi? In verità, ho ricamato con un tale piacere questa pretenziosa galanteria, che in cambio non vi chiederò nulla.

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