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17 novembre 2018

da “Gli amori difficili”. L'avventura di un viaggiatore, (1957) – Italo Calvino

dipinto di Aldo Balding
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un viaggiatore, (1957) – Italo Calvino

Federico V., abitante in una città dell'Italia settentrionale, amava Cinzia U., residente a Roma. Ogni volta che le sue occupazioni glie lo permettevano, prendeva il treno per la capitale. Abituato a una stretta economia del suo tempo, nel lavoro come nel piacere, viaggiava sempre la notte: c'era un treno, l'ultimo, poco frequentato - tranne che in tempo di feste - e Federico poteva sdraiarsi e dormire.
Le giornate di Federico nella sua città scorrevano nervose, come le ore di chi aspetta la coincidenza tra due treni e, mentre impiega il tempo in certe sue faccende, ha sempre in mente la tabella dell'orario. Ma quando finalmente era la sera di partire, e tutti gli impegni erano sbrigati ed egli si trovava con la borsa da viaggio a camminare verso la stazione, allora cominciava a sentirsi pervaso, pur nella fretta di non perdere il treno, da un senso di calma interiore. Era come se tutto l'affaccendarsi intorno alla stazione - ormai ai suoi ultimi sussulti, data l'ora - entrasse in un moto naturale, ed egli ne fosse parte. Ogni cosa pareva essere lì per secondarlo, per dare slancio ai suoi passi come il pavimento di gomma della stazione, e anche gli ostacoli, l'attesa coi minuti contati all'ultimo sportello dei biglietti ancora aperto, la difficoltà di cambiare una banconota di grosso taglio, la mancanza di spiccioli al chiosco dei giornali, parevano esserci per il piacere di buttarcisi contro e superarli. Non che egli desse nulla a vedere di questo stato d'animo: uomo composto, gli piaceva di non distinguersi dai tanti viaggiatori in arrivo e in partenza, tutti al pari di lui in soprabito e con una borsa in mano, eppure si sentiva portato come sulla cresta d'un'onda, perché correva verso Cinzia.
La mano nella tasca del soprabito giocava con un gettone del telefono. L'indomani mattina, appena sbarcato a Roma Termini, sarebbe corso col gettone in mano verso il più vicino telefono pubblico, avrebbe fatto il numero, avrebbe detto: «Cara, sai, sono arrivato...» E stringeva il gettone come fosse un oggetto preziosissimo, l'unico esistente al mondo, l'unica prova tangibile di quel che all'arrivo l'attendeva.
(…)

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