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29 novembre 2018

da “Gli amori difficili”. L'avventura di una moglie, (1958). Italo Calvino

dipinto di Kenton Nelson
da “Gli amori difficili”. L'avventura di una moglie, (1958). Italo Calvino
(…)
Stefania uscì a vedere se avevano aperto il portone. Fece qualche passo in là sul marciapiede. No, era sempre chiuso. Intanto l'uomo era uscito anche lui dal bar con l'aria di volerla seguire. Stefania tornò sui suoi passi, rientrò nel bar. L'uomo, che non se l'aspettava, restò un po' incerto, fece per tornare anche lui, poi fu preso da una ventata di rassegnazione, proseguì per la sua strada, tossicchiando, andò via.
- Ha sigarette? - chiese Stefania al barista. Era rimasta senza e avrebbe voluto fumarne una appena in casa. I tabaccai erano ancora chiusi.
Il barista tirò fuori un pacchetto. Stefania lo prese e pagò.
Si rifece sulla soglia del bar. Un cane le venne quasi addosso, d'impeto, trattenuto da un guinzaglio e tirandosi dietro un cacciatore, col fucile, la cartuccera, il carniere.
- Giù, Frisette, fà cuccia! - esclamò il cacciatore. E al bar: - Un caffè!
- Bello! - fece Stefania, carezzando il cane. - È un setter?
- Épagneul breton, - disse il cacciatore. - Femmina -. Era giovane, un po' brusco, ma più per timidezza che per altro.
- Quanti anni?
- Avrà dieci mesi. Giù, Frisette, brava.
- Allora, queste pernici? - disse il barista.
- Oh, si va per far correre un po' il cane... - disse il cacciatore. - Lontano? - fece Stefania.
Il cacciatore disse il nome d'un posto non distante.
- In macchina è un salto. Così alle dieci sono di ritorno. Il lavoro...
- È bello, lassù, - disse Stefania. Le veniva di non lasciar cadere la conversazione, anche se non parlavano di niente.
- C'è la valle sgombra, pulita, tutta cespugli bassi, di brugo, e la mattina non c'è niente nebbia, si vede bene... Se il cane alza un volo...
- Potessi andare a lavorare alle dieci, dormirei fino alle nove e tre quarti, - disse il barista.
- Bè, dormire piace anche a me, - fece il cacciatore, - eppure, esser lassù mentre tutti gli altri dormono ancora, non so, m'attira, è la passione...
Stefania sentiva che dietro quest'aria di giustificarsi, quel giovane celava un orgoglio tagliente, un astio contro la città addormentata lì intorno, la caparbietà di sentirsi diverso.
- Non s'offenda, ma per me voialtri cacciatori siete matti, - disse il barista. - Mica per altro, sa, ma per questa storia dell'alzarsi a certe ore.
- Io invece lo capisco, - fece Stefania.
- Mah, chi lo sa? - diceva il cacciatore. - Una passione come un'altra -. Adesso s'era messo a guardare Stefania e quel po' di convinzione che aveva messo prima nel discorso della caccia, ora pareva gli fosse già caduta, e la presenza di Stefania lo facesse dubitare che tutto il suo modo di pensare era sbagliato, che forse la felicità era un'altra cosa da quella che lui andava cercando.
- Davvero, la capisco, una mattina come questa... - disse Stefania.
Il cacciatore stette un po' come chi ha voglia di parlare ma non sa cosa dire. - Quando il tempo è così, secco, e fresco, il cane può lavorare bene, - disse. Aveva bevuto il caffè, aveva pagato, c'era il cane che tirava per andar fuori e lui restava ancora lì, esitante. Disse, goffo: - Perché non ci viene anche lei, allora, signora?
Stefania sorrise. - Vuol dire che un'altra volta che ci incontriamo, combiniamo, eh?
Il cacciatore fece: - Eh... - si girò ancora un po' intorno per vedere se trovava un altro appiglio di conversazione. Poi fece: - Bè, vado. Buongiorno -. Si salutarono e lui si lasciò tirar fuori dal cane.
(…)

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