opera di Domenico Gnoli
da “Il figlio maschio” – Giuseppina Torregrossa
L’uomo si svincolò, la mano di Concetta lo bruciava attraverso la stoffa del vestito. Lei continuò con voce roca: «È solo che mi cuocio perché i miei figli maschi sono tutti occupati. Angelino sarebbe libero, ma è senza nervo e senza salute, entra ed esce dall’ospedale, come si fa a farlo lavorare? Non vorrei che vostra Eccellenza facesse una brutta figura con l’amico Vallecchi. Certo che un’occasione così non si può rifiutare… Se lo potessero fare le femmine, a cominciare da Concettina, saremmo tutti felici di accontentarvi».
Quindi sospirò e si avvicinò ancora un po’. A Luigi cadde il bicchiere dalle mani. Lei si affrettò a raccoglierlo e si trovò in ginocchio vicino alle gambe di lui. Il tuppo voluminoso sfiorava le ginocchia del professore che non capì più nulla.
«No, le femmine sono fuori discussione» protestò mentre un’onda calda gli saliva dal basso ventre al cuore. «C’è da tessere tutta la Sicilia e una fimminedda sola non può firriare, tanto per dire, da Carrapipi a Carlentini.»
«Ha ragione voscenza. Niente allora, dobbiamo rinunciare. Quando si dice la sfortuna!»
«Ma Filippo?»
Concetta sobbalzò. Com’è che non le era venuto subito in mente? Era l’occasione buona per dargli un futuro come si deve: rappresentante di libri, un sogno! Il cuore cominciò a batterle all’impazzata, mentre pensieri e speranze si accavallavano nella sua mente. E poi non si sa mai, da cosa nasce cosa, magari diventa scrittore famoso, oppure un editore con i fiocchi.
«Il ragazzo sarebbe libero, è bravo e intelligente. Ma non si può fare» azzardò la donna. «È il preferito mio, delle sorelle e soprattutto del padre, che non lo lascerebbe mai andare. Turiddu vuole che si occupi del feudo di Testasecca. Mi dispiace, Eccellenza, vi siete disturbato per niente.»
«Mi meraviglio di te. Ma che socialista sei? Hai fatto studiare i tuoi figli per poi mandarli a zappare la terra? Non vuoi che abbiano un avvenire migliore? E poi sai quanta gente ha fatto fortuna con i libri? Pomba, Treves, tanto per fare due nomi.»
«Io sono una fimminedda e, anche se volessi, a me non è dato decidere. Solo il padre, se vuole…» Concetta giocava al rialzo. Per nascondere la felicità si coprì gli occhi con le mani. Non voleva che suo cugino si accorgesse di quanto invece ci teneva a quel lavoro. Al contrario, l’Eccellenza doveva persuadersi che concedendogli il maschio migliore della sua nidiata il favore glielo avrebbe fatto lei.
«E allora Filippo deve essere!» urlò il critico, e la sua voce non ammetteva repliche. «E tuo marito a me questo favore non può negarmelo.»
«Ora chi ce lo dice a Turiddu?» chiese Concetta piegando le labbra in una smorfia di fragilità.
«Con tutte quelle grazie che hai! Dodici figli ti ha fatto sfornare! Il modo per ridurlo a più miti consigli lo trovi di sicuro.»
«Voscenza ha troppa considerazione di una fimminedda» si schermì lei, ma dentro di sé gongolava. Certo che sapeva dove mettere le mani e quando aprire la bocca con suo marito. Ma all’improvviso un cattivo pensiero le attraversò la mente: “Non è che l’Eccellenza vuole la percentuale sulle vendite?”.
L’uomo si svincolò, la mano di Concetta lo bruciava attraverso la stoffa del vestito. Lei continuò con voce roca: «È solo che mi cuocio perché i miei figli maschi sono tutti occupati. Angelino sarebbe libero, ma è senza nervo e senza salute, entra ed esce dall’ospedale, come si fa a farlo lavorare? Non vorrei che vostra Eccellenza facesse una brutta figura con l’amico Vallecchi. Certo che un’occasione così non si può rifiutare… Se lo potessero fare le femmine, a cominciare da Concettina, saremmo tutti felici di accontentarvi».
Quindi sospirò e si avvicinò ancora un po’. A Luigi cadde il bicchiere dalle mani. Lei si affrettò a raccoglierlo e si trovò in ginocchio vicino alle gambe di lui. Il tuppo voluminoso sfiorava le ginocchia del professore che non capì più nulla.
«No, le femmine sono fuori discussione» protestò mentre un’onda calda gli saliva dal basso ventre al cuore. «C’è da tessere tutta la Sicilia e una fimminedda sola non può firriare, tanto per dire, da Carrapipi a Carlentini.»
«Ha ragione voscenza. Niente allora, dobbiamo rinunciare. Quando si dice la sfortuna!»
«Ma Filippo?»
Concetta sobbalzò. Com’è che non le era venuto subito in mente? Era l’occasione buona per dargli un futuro come si deve: rappresentante di libri, un sogno! Il cuore cominciò a batterle all’impazzata, mentre pensieri e speranze si accavallavano nella sua mente. E poi non si sa mai, da cosa nasce cosa, magari diventa scrittore famoso, oppure un editore con i fiocchi.
«Il ragazzo sarebbe libero, è bravo e intelligente. Ma non si può fare» azzardò la donna. «È il preferito mio, delle sorelle e soprattutto del padre, che non lo lascerebbe mai andare. Turiddu vuole che si occupi del feudo di Testasecca. Mi dispiace, Eccellenza, vi siete disturbato per niente.»
«Mi meraviglio di te. Ma che socialista sei? Hai fatto studiare i tuoi figli per poi mandarli a zappare la terra? Non vuoi che abbiano un avvenire migliore? E poi sai quanta gente ha fatto fortuna con i libri? Pomba, Treves, tanto per fare due nomi.»
«Io sono una fimminedda e, anche se volessi, a me non è dato decidere. Solo il padre, se vuole…» Concetta giocava al rialzo. Per nascondere la felicità si coprì gli occhi con le mani. Non voleva che suo cugino si accorgesse di quanto invece ci teneva a quel lavoro. Al contrario, l’Eccellenza doveva persuadersi che concedendogli il maschio migliore della sua nidiata il favore glielo avrebbe fatto lei.
«E allora Filippo deve essere!» urlò il critico, e la sua voce non ammetteva repliche. «E tuo marito a me questo favore non può negarmelo.»
«Ora chi ce lo dice a Turiddu?» chiese Concetta piegando le labbra in una smorfia di fragilità.
«Con tutte quelle grazie che hai! Dodici figli ti ha fatto sfornare! Il modo per ridurlo a più miti consigli lo trovi di sicuro.»
«Voscenza ha troppa considerazione di una fimminedda» si schermì lei, ma dentro di sé gongolava. Certo che sapeva dove mettere le mani e quando aprire la bocca con suo marito. Ma all’improvviso un cattivo pensiero le attraversò la mente: “Non è che l’Eccellenza vuole la percentuale sulle vendite?”.
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