dipinto di Sarah Stribbling
da “Il gatto che aggiustava i cuori” – RachelWells
Mi sono messo le zampe sulle orecchie. La testolina mi girava come una trottola. Nelle ultime due settimane avevo perso la mia padrona, il solo essere umano che avessi davvero conosciuto. La mia vita era stata scombussolata, io ero triste, solo e con il cuore spezzato, e adesso, a quanto pareva, senza una casa. Che accidenti avrebbe dovuto fare un gatto come me?
Ero quel che si dice un «gatto da divano». Non sentivo il bisogno di star fuori tutta la notte a cacciare, gironzolare e socializzare quando avevo un posto caldo in cui accoccolarmi, cibo e comodità. Inoltre, ero in compagnia; avevo una famiglia. Poi, però, mi è stato tolto tutto, spezzando il mio cuore di gatto. Per la prima volta ero completamente solo.
Avevo vissuto quasi tutta la vita in quella casetta a schiera con la mia padrona, Margaret. Avevo anche una sorella gatta che si chiamava Agnes, anche se, essendo tanto più vecchia di me, era più che altro una zia. Quando Agnes è andata nel paradiso dei gatti, un anno fa, ho provato un dolore inimmaginabile. Ho sofferto tanto da credere che non mi sarei più ripreso. Però, avevo Margaret che mi amava moltissimo, e ci siamo stretti l’uno all’altra nel nostro dolore. Entrambi avevamo adorato Agnes e sentivamo la sua mancanza in ogni briciolo del nostro essere, uniti nella sofferenza.
Di recente, comunque, ho capito quanto può essere spaventosamente crudele la vita. Un giorno, un paio di settimane fa, Margaret non si è alzata dal letto. Non sapevo cosa andasse storto, essendo un gatto, e nemmeno cosa dovessi fare, così mi sono disteso accanto a lei gnaulando più forte possibile. Per fortuna doveva venire un’infermiera che visitava Margaret una volta a settimana, e quando ho sentito il campanello mi sono allontanato controvoglia da Margaret per poi uscire con un balzo dalla gattaiola.
«Oh mio Dio, cosa c’è che non va?» ha domandato l’infermiera mentre gemevo con tutte le mie forze. Quando è tornata a suonare il campanello, l’ho toccata con la zampa, delicatamente ma con insistenza, perché cercavo di comunicarle che qualcosa non andava. Ha usato la chiave di riserva e ha trovato il corpo senza vita di Margaret. Sono rimasto con Margaret, sapendo che ormai l’avevo persa, mentre l’infermiera faceva delle telefonate. Dopo un po’, sono arrivati degli uomini a portarla via mentre non riuscivo a smettere di gnaulare. Non volevano farmi andare con Margaret ed è stato allora che ho capito che la mia vita, così come l’avevo conosciuta, era finita. Hanno chiamato la famiglia di Margaret e ho miagolato fino a farmi venire la voce rauca.
Mentre Jeremy e Linda continuavano a parlare, senza far rumore sono sceso con un salto dalla poltrona e ho abbandonato la casa. Ho bighellonato un po’ in cerca degli altri gatti per chiedere consiglio, ma era quasi l’ora del tè e ho faticato a trovarne uno. In ogni caso, conoscevo una vecchia gatta gentile che si chiamava Mavis e viveva in fondo alla strada, e sono andato a cercarla. Mi sono seduto fuori dalla gattaiola e ho miagolato forte. Sapeva che Margaret era morta; l’aveva vista mentre la portavano via e mi aveva trovato subito dopo, proprio quando mi struggevo per la sua scomparsa. Era una gatta materna, un po’ come Agnes, e si era presa cura di me, lasciandomi miagolare finché mi era mancato il fiato. Era rimasta con me e avevamo diviso il suo pasto e il suo latte finché non erano arrivati Linda e Jeremy.
Traduzione di Elisabetta Valdrè
Mi sono messo le zampe sulle orecchie. La testolina mi girava come una trottola. Nelle ultime due settimane avevo perso la mia padrona, il solo essere umano che avessi davvero conosciuto. La mia vita era stata scombussolata, io ero triste, solo e con il cuore spezzato, e adesso, a quanto pareva, senza una casa. Che accidenti avrebbe dovuto fare un gatto come me?
Ero quel che si dice un «gatto da divano». Non sentivo il bisogno di star fuori tutta la notte a cacciare, gironzolare e socializzare quando avevo un posto caldo in cui accoccolarmi, cibo e comodità. Inoltre, ero in compagnia; avevo una famiglia. Poi, però, mi è stato tolto tutto, spezzando il mio cuore di gatto. Per la prima volta ero completamente solo.
Avevo vissuto quasi tutta la vita in quella casetta a schiera con la mia padrona, Margaret. Avevo anche una sorella gatta che si chiamava Agnes, anche se, essendo tanto più vecchia di me, era più che altro una zia. Quando Agnes è andata nel paradiso dei gatti, un anno fa, ho provato un dolore inimmaginabile. Ho sofferto tanto da credere che non mi sarei più ripreso. Però, avevo Margaret che mi amava moltissimo, e ci siamo stretti l’uno all’altra nel nostro dolore. Entrambi avevamo adorato Agnes e sentivamo la sua mancanza in ogni briciolo del nostro essere, uniti nella sofferenza.
Di recente, comunque, ho capito quanto può essere spaventosamente crudele la vita. Un giorno, un paio di settimane fa, Margaret non si è alzata dal letto. Non sapevo cosa andasse storto, essendo un gatto, e nemmeno cosa dovessi fare, così mi sono disteso accanto a lei gnaulando più forte possibile. Per fortuna doveva venire un’infermiera che visitava Margaret una volta a settimana, e quando ho sentito il campanello mi sono allontanato controvoglia da Margaret per poi uscire con un balzo dalla gattaiola.
«Oh mio Dio, cosa c’è che non va?» ha domandato l’infermiera mentre gemevo con tutte le mie forze. Quando è tornata a suonare il campanello, l’ho toccata con la zampa, delicatamente ma con insistenza, perché cercavo di comunicarle che qualcosa non andava. Ha usato la chiave di riserva e ha trovato il corpo senza vita di Margaret. Sono rimasto con Margaret, sapendo che ormai l’avevo persa, mentre l’infermiera faceva delle telefonate. Dopo un po’, sono arrivati degli uomini a portarla via mentre non riuscivo a smettere di gnaulare. Non volevano farmi andare con Margaret ed è stato allora che ho capito che la mia vita, così come l’avevo conosciuta, era finita. Hanno chiamato la famiglia di Margaret e ho miagolato fino a farmi venire la voce rauca.
Mentre Jeremy e Linda continuavano a parlare, senza far rumore sono sceso con un salto dalla poltrona e ho abbandonato la casa. Ho bighellonato un po’ in cerca degli altri gatti per chiedere consiglio, ma era quasi l’ora del tè e ho faticato a trovarne uno. In ogni caso, conoscevo una vecchia gatta gentile che si chiamava Mavis e viveva in fondo alla strada, e sono andato a cercarla. Mi sono seduto fuori dalla gattaiola e ho miagolato forte. Sapeva che Margaret era morta; l’aveva vista mentre la portavano via e mi aveva trovato subito dopo, proprio quando mi struggevo per la sua scomparsa. Era una gatta materna, un po’ come Agnes, e si era presa cura di me, lasciandomi miagolare finché mi era mancato il fiato. Era rimasta con me e avevamo diviso il suo pasto e il suo latte finché non erano arrivati Linda e Jeremy.
Traduzione di Elisabetta Valdrè
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