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5 dicembre 2018

da “Cronache di un gatto viaggiatore” - Hiro Arikawa

da “Cronache di un gatto viaggiatore” - Hiro Arikawa

Fino ad allora, con la sola lingua, ero riuscito a risolvere ferite anche brutte come quelle da morso o da taglio ma, per com’ero ridotto allora era impossibile. L’osso che era uscito dalla zampa reclamava l’attenzione con un dolore tremendo. Ma non c’è mica bisogno di lamentarsi tanto!
E ora che faccio? Come posso fare?
Che qualcuno… mi aiuti!
Che dico: nessuno aiuterebbe un randagio.
Eppure in quel momento mi sono ricordato del ragazzo che ogni notte veniva a portarmi i croccantini.
Quello là, magari… chissà se mi aiuterebbe? E perché dovrebbe, poi? In fondo non siamo neanche così intimi, e la nostra frequentazione si basa solo su offerte di cibo in cambio di qualche carezza.
Trascinando la zampa ferita, ho incominciato a camminare. Anche in quel modo l’osso sbatteva. Più volte lungo il percorso le zampe mi sono venute meno.
Non ce la faccio più… È impossibile… Non riesco a fare nemmeno un altro passo. Nonostante non mi fossi allontanato poi tanto da quel palazzo, quando sono arrivato davanti alla station wagon argento il cielo aveva già cominciato a farsi chiaro.
Non ce la faccio più… è impossibile… non riesco a fare nemmeno un altro passo. Stavolta davvero.
Ho miagolato più forte che potevo: Miaaaaahiiiioooo!
Ho strillato tante volte, che dopo un po’ non avevo più voce. Anche il miagolare mi pulsava nell’osso, a dirla tutta.
È stato allora che dalle scale del palazzo è sceso qualcuno. Ho sollevato la testa e ho visto che era lui.
«Allora avevo ragione, sei proprio tu!» Il ragazzo è sbiancato in viso ed è corso verso di me. «Che ti è successo? Sei stato investito?»
Sì, che vergogna, sono proprio un cretino!

Traduzione dal giapponese di Daniela Guarino

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