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14 gennaio 2019

da “Le città invisibili” – Italo Calvino

Charles François Daubigny, The Village of Gloton, 1857, oil on panel.
da “Le città invisibili” – Italo Calvino

Frasi e atti forse soltanto pensati, mentre i due, silenziosi e immobili, guardavano salire lentamente il fumo delle loro pipe. La nuvola ora si dissolveva su un filo di vento, ora restava sospesa a mezz’aria; e la risposta era in quella nuvola. Al soffio che portava via il fumo Marco pensava ai vapori che annebbiano la distesa del mare e le catene delle montagne e al diradarsi lasciano l’aria secca e diafana svelando città lontane. Era al di là di quello schermo d’umori volatili che il suo sguardo voleva giungere: la forma delle cose si distingue meglio in lontananza.
Oppure, la nuvola si fermava appena uscita dalle labbra, densa e lenta, e rimandava a un’altra visione: le esalazioni che ristagnano sui tetti delle metropoli, il fumo opaco che non si disperde, la cappa di miasmi che pesa sulle vie bituminose. Non le labili nebbie della memoria né l’asciutta trasparenza, ma il bruciaticcio delle vite bruciate che forma una crosta sulle città, la spugna gonfia di materia vitale che non scorre più, l’ingorgo di passato presente futuro che blocca le esistenze calcificate nell’illusione del movimento: questo trovavi al termine del viaggio.




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