opera di Ernesto Treccani
da Cavalleria rusticana – Giovanni Verga
Lola che ascoltava ogni sera, nascosta dietro il vaso di basilico, e si faceva pallida e rossa, un giorno chiamò Turiddu.
– E così, compare Turiddu, gli amici vecchi non si salutano più?
– Ma! sospirò il giovinotto, beato chi può salutarvi!
– Se avete intenzione di salutarmi, lo sapete dove sto di casa! rispose Lola.
Turiddu tornò a salutarla così spesso che Santa se ne avvide, e gli batté la finestra sul muso. I vicini se lo mostravano con un sorriso, o con un moto del capo, quando passava il bersagliere. Il marito di Lola era in giro per le fiere con le sue mule.
– Domenica voglio andare a confessarmi, ché stanotte ho sognato dell’uva nera, disse Lola.
– Lascia stare! lascia stare! supplicava Turiddu.
– No, ora che s’avvicina la Pasqua, mio marito lo vorrebbe sapere il perché non sono andata a confessarmi.
– Ah! mormorava Santa di massaro Cola, aspettando ginocchioni il suo turno dinanzi al confessionario dove Lola stava facendo il bucato dei suoi peccati. Sull’anima mia non voglio mandarti a Roma per la penitenza!
Compare Alfio tornò colle sue mule, carico di soldoni, e portò in regalo alla moglie una bella veste nuova per le feste.
– Avete ragione di portarle dei regali, gli disse la vicina Santa, perché mentre voi siete via vostra moglie vi adorna la casa!
Compare Alfio era di quei carrettieri che portano il berretto sull’orecchio, e a sentir parlare in tal modo di sua moglie cambiò di colore come se l’avessero accoltellato. – Santo diavolone! esclamò, se non avete visto bene, non vi lascierò gli occhi per piangere! a voi e a tutto il vostro parentado!
– Non son usa a piangere! rispose Santa; non ho pianto nemmeno quando ho visto con questi occhi Turiddu della gnà Nunzia entrare di notte in casa di vostra moglie.
– Va bene, rispose compare Alfio, grazie tante.
– E così, compare Turiddu, gli amici vecchi non si salutano più?
– Ma! sospirò il giovinotto, beato chi può salutarvi!
– Se avete intenzione di salutarmi, lo sapete dove sto di casa! rispose Lola.
Turiddu tornò a salutarla così spesso che Santa se ne avvide, e gli batté la finestra sul muso. I vicini se lo mostravano con un sorriso, o con un moto del capo, quando passava il bersagliere. Il marito di Lola era in giro per le fiere con le sue mule.
– Domenica voglio andare a confessarmi, ché stanotte ho sognato dell’uva nera, disse Lola.
– Lascia stare! lascia stare! supplicava Turiddu.
– No, ora che s’avvicina la Pasqua, mio marito lo vorrebbe sapere il perché non sono andata a confessarmi.
– Ah! mormorava Santa di massaro Cola, aspettando ginocchioni il suo turno dinanzi al confessionario dove Lola stava facendo il bucato dei suoi peccati. Sull’anima mia non voglio mandarti a Roma per la penitenza!
Compare Alfio tornò colle sue mule, carico di soldoni, e portò in regalo alla moglie una bella veste nuova per le feste.
– Avete ragione di portarle dei regali, gli disse la vicina Santa, perché mentre voi siete via vostra moglie vi adorna la casa!
Compare Alfio era di quei carrettieri che portano il berretto sull’orecchio, e a sentir parlare in tal modo di sua moglie cambiò di colore come se l’avessero accoltellato. – Santo diavolone! esclamò, se non avete visto bene, non vi lascierò gli occhi per piangere! a voi e a tutto il vostro parentado!
– Non son usa a piangere! rispose Santa; non ho pianto nemmeno quando ho visto con questi occhi Turiddu della gnà Nunzia entrare di notte in casa di vostra moglie.
– Va bene, rispose compare Alfio, grazie tante.
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