dipinto di Susan Ryder
Uscirono alfine dalla sala da pranzo, a passi misurati, accendendo delle sigarette e guardandosi di sfuggita negli specchi del corridoio, e andarono nel salotto.
"Stasera," disse subito Leo sedendosi a fianco di Mariagrazia sul divano, "sono in disposizione di sentire un po' di musica classica... su, Carla," disse volgendosi verso la fanciulla: "suonaci quel che vuoi tu, Beethoven o Chopin, purché sia roba del buon tempo antico, quando non usavano i jazz che fanno venire il mal di capo..." Rise con cordialità e accavalciò le gambe.
"Sì, Carla," insistette la madre cui non pareva vero di avvantaggiarsi della musica per poter parlare con maggior libertà all'amante; "sì, suonaci qualche cosa, per esempio... quella fuga... di chi era? Ah! sì di Bach... che ti riusciva così bene."
Anche a Michele l'idea della musica piacque infinitamente; si sentiva stanco e irritato, l'immagine convenzionale della melodia intesa come un dolce fiume nel quale ci si può immergere e dimenticare non gli era mai sembrata così vera come ora: "Della musica" pensò socchiudendo gli occhi; "e al diavolo tutte le meschinità...: della vera musica."
"È molto tempo che non suono più" avvertì Carla: "vuol dire che non sarete troppo severi." Andò al pianoforte, l'aprì, esaminò qualche spartito: "Una fuga di Bach," annunziò finalmente.
Nessun commento:
Posta un commento