Ubaldo Oppi - Il fratel prodigo, olio su tela
da "Gli indifferenti" - Alberto Moravia
Entrarono nel freddo oscuro salone rettangolare che una specie di arco divideva in due parti disuguali e sedettero nell'angolo opposto alla porta; delle tende di velluto cupo nascondevano le finestre serrate, non c'era lampadario ma solamente dei lumi in forma di candelabri, infissi alle pareti a eguale distanza l'uno dall'altro; tre dei quali, accesi, diffusero una luce mediocre nella metà più piccola del salone; l'altra metà, oltre l'arco, rimase immersa in un'ombra nera in cui si distinguevano a malapena i riflessi degli specchi e la forma lunga del pianoforte.
Per un istante non parlarono; Leo fumava con compunzione, la madre considerava con una mesta dignità le sue mani dalle unghie smaltate, Carla quasi carponi tentava di accendere la lampada nell'angolo e Michele guardava Leo; poi la lampada si accese, Carla sedette e Michele parlò: "Sono stato dall'amministratore di Leo e mi ha fatto un monte di chiacchiere... il sugo della faccenda è poi questo: che a quel che pare tra una settimana scade l'ipoteca e perciò bisognerà andarsene e vendere la villa per pagare Merumeci..."
La madre spalancò gli occhi: "Quell'uomo non sa quello che dice... ha agito di testa sua... l'ho sempre detto io che aveva qualche cosa contro di noi..."
Silenzio: "Quell'uomo ha detto la verità" disse alfine Leo senza alzare gli occhi.
Tutti lo guardarono. "Ma vediamo, Merumeci," supplicò la madre giungendo le mani; "non vorrà mica mandarci via così sui due piedi?... ci conceda una proroga..."
"Ne ho già concesse due;" disse Leo "basta... tanto più che non servirebbe ad evitare la vendita..."
"Come a non evitare?" domandò la madre.
Leo alzò finalmente gli occhi e la guardò: "Mi spiego: a meno che non riusciate a mettere insieme ottocentomila lire, non vedo come potreste pagare se non vendendo la villa..."
Entrarono nel freddo oscuro salone rettangolare che una specie di arco divideva in due parti disuguali e sedettero nell'angolo opposto alla porta; delle tende di velluto cupo nascondevano le finestre serrate, non c'era lampadario ma solamente dei lumi in forma di candelabri, infissi alle pareti a eguale distanza l'uno dall'altro; tre dei quali, accesi, diffusero una luce mediocre nella metà più piccola del salone; l'altra metà, oltre l'arco, rimase immersa in un'ombra nera in cui si distinguevano a malapena i riflessi degli specchi e la forma lunga del pianoforte.
Per un istante non parlarono; Leo fumava con compunzione, la madre considerava con una mesta dignità le sue mani dalle unghie smaltate, Carla quasi carponi tentava di accendere la lampada nell'angolo e Michele guardava Leo; poi la lampada si accese, Carla sedette e Michele parlò: "Sono stato dall'amministratore di Leo e mi ha fatto un monte di chiacchiere... il sugo della faccenda è poi questo: che a quel che pare tra una settimana scade l'ipoteca e perciò bisognerà andarsene e vendere la villa per pagare Merumeci..."
La madre spalancò gli occhi: "Quell'uomo non sa quello che dice... ha agito di testa sua... l'ho sempre detto io che aveva qualche cosa contro di noi..."
Silenzio: "Quell'uomo ha detto la verità" disse alfine Leo senza alzare gli occhi.
Tutti lo guardarono. "Ma vediamo, Merumeci," supplicò la madre giungendo le mani; "non vorrà mica mandarci via così sui due piedi?... ci conceda una proroga..."
"Ne ho già concesse due;" disse Leo "basta... tanto più che non servirebbe ad evitare la vendita..."
"Come a non evitare?" domandò la madre.
Leo alzò finalmente gli occhi e la guardò: "Mi spiego: a meno che non riusciate a mettere insieme ottocentomila lire, non vedo come potreste pagare se non vendendo la villa..."
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