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22 febbraio 2019

da “I biscotti di Baudelaire” - Alice Toklas

Vincent Van Gogh - Natura morta con frutta e verdura
da “I biscotti di Baudelaire” - Alice Toklas
Gli orti di Bilignin
Per quattordici anni di seguito gli orti di Bilignin furono la mia gioia: d’estate ci lavoravo, d’inverno li sognavo, facevo mille progetti. Spesso l’estate cominciava ai primi d’aprile, con la semina, e si concludeva a fine di ottobre, con l’ultima raccolta di verdure. Bilignin è circondata da montagne e non lontana dalle Alpi francesi (da un’altura a pochi chilometri di distanza, vedevamo il Monte Bianco) e quindi non era prudente seminare troppo presto. Un anno perdemmo la prima semina di fagiolini, un’altra volta i piselli vennero distrutti da una gelata improvvisa. Mi ci vollero parecchi anni per capire il clima del posto e quasi altrettanti per riuscire a prevedere il tempo. L’esperienza non è mai facile da ottenere.
Mi rifiutavo ostinatamente di prender per buoni i racconti dei contadini ritenendoli superstizioni, con i tipici pregiudizi della cittadina. Mi dicevano di non trapiantare mai il prezzemolo e soprattutto di non piantarlo mai di Venerdì santo. In California lo facciamo, era la mia fragile risposta. Mi dicevano di non piantarlo durante la luna nuova o la luna piena. Ai semi non sarebbe importato nulla della luna, era la mia risposta impaziente. Ma non era vero. Prima della fine del lungo periodo di locazione della deliziosa casa e degli orti di Bilignin, ero diventata non solo bravissima a capire il tempo ma anche una giardiniera quasi di successo.
Nella primavera del 1929 affittammo quella che era stata la residenza padronale di Bilignin. Eravamo incantate da tutto quello che vedevamo. Ma dopo un’attenta ispezione dei due grossi orti (uno basso, al livello della terrazza giardino davanti alla casa, e l’altro molto più alto e lontano dal cortile e dai cancelli), scoprii con orrore che versavano in uno stato spaventoso. L’anno prima erano state piantate solo patate. Bisognava ripulirli immediatamente dalle erbacce e tutto il resto. Ci vollero sette giorni, con sette uomini del villaggio.
Preparammo un progetto per le aiuole. Poi un elenco delle verdure che volevamo piantare e dei posti dove piantarle.
Avevamo portato con noi sacchetti di semi di tutte le verdure che piacevano a me e Gertrude Stein, e avevamo intenzione di fare subito qualche esperimento. Dopo aver concimato e pareggiato il terreno con un rastrello, cominciammo la semina, con una preghiera. Avevamo appena finito di seminare le verdure del primo raccolto che era già ora di pensare agli innesti acquistati dalle contadine nella piazza di Belley al mercato del sabato mattina. A Belley c’erano due orticultori, un uomo piuttosto giovane, piuttosto colto, ambizioso e pretenzioso che credeva fermamente nel proprio destino di futuro Ministro dell’Agricoltura, e una donna anziana senza altra preparazione se non quella acquisita con lunga esperienza. Gli innesti che ci diedero non erano tutti buoni; ne piantammo il doppio di quanti avessimo avuto intenzione di coltivare.

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