foto di Dariusz Klimczak
Adesso, quando cercava del lavoro, le ridevano in faccia, non per
schernire la ragazza colpevole, ma perché la povera madre non poteva più
lavorare come prima. Dopo i primi rifiuti, e le prime risate, ella non
osò cercare più oltre, e si chiuse nella sua casipola, al pari di un
uccelletto ferito che va a rannicchiarsi nel suo nido. Quei pochi soldi
raccolti in fondo alla calza se ne
andarono l'un dopo l'altro, e dietro ai soldi la bella veste nuova, e il
bel fazzoletto di seta. Lo zio Giovanni la soccorreva per quel poco che
poteva, con quella carità indulgente e riparatrice senza la quale la
morale del curato è ingiusta e sterile, e le impedì così di morire di
fame. Ella diede alla luce una bambina rachitica e stenta; quando le
dissero che non era un maschio pianse come aveva pianto la sera in cui
aveva chiuso l'uscio del casolare dietro al cataletto che se ne andava, e
s'era trovata senza la mamma; ma non volle che la buttassero alla
Ruota.
- Povera bambina! Che incominci a soffrire almeno il più tardi che sia possibile! - disse.
Le comari la chiamavano sfacciata, perché non era stata ipocrita, e perché non era snaturata. Alla povera bambina mancava il latte, giacché alla madre scarseggiava il pane. Ella deperì rapidamente, e invano Nedda tentò spremere fra i labbruzzi affamati il sangue del suo seno. Una sera d'inverno, sul tramonto, mentre la neve fioccava sul tetto, e il vento scuoteva l'uscio mal chiuso, la povera bambina, tutta fredda, livida, colle manine contratte, fissò gli occhi vitrei su quelli ardenti della madre, diede un guizzo, e non si mosse più.
Nedda la scosse, se la strinse al seno con impeto selvaggio, tentò di scaldarla coll'alito e coi baci, e quando s'accorse che era proprio morta, la depose sul letto dove aveva dormito sua madre, e le s'inginocchiò davanti, cogli occhi asciutti e spalancati fuor di misura.
- Oh! benedette voi che siete morte! - esclamò. - Oh! benedetta voi, Vergine Santa! che mi avete tolto la mia creatura per non farla soffrire come me! -
- Povera bambina! Che incominci a soffrire almeno il più tardi che sia possibile! - disse.
Le comari la chiamavano sfacciata, perché non era stata ipocrita, e perché non era snaturata. Alla povera bambina mancava il latte, giacché alla madre scarseggiava il pane. Ella deperì rapidamente, e invano Nedda tentò spremere fra i labbruzzi affamati il sangue del suo seno. Una sera d'inverno, sul tramonto, mentre la neve fioccava sul tetto, e il vento scuoteva l'uscio mal chiuso, la povera bambina, tutta fredda, livida, colle manine contratte, fissò gli occhi vitrei su quelli ardenti della madre, diede un guizzo, e non si mosse più.
Nedda la scosse, se la strinse al seno con impeto selvaggio, tentò di scaldarla coll'alito e coi baci, e quando s'accorse che era proprio morta, la depose sul letto dove aveva dormito sua madre, e le s'inginocchiò davanti, cogli occhi asciutti e spalancati fuor di misura.
- Oh! benedette voi che siete morte! - esclamò. - Oh! benedetta voi, Vergine Santa! che mi avete tolto la mia creatura per non farla soffrire come me! -
Nessun commento:
Posta un commento