dipinto di Egon Schiele
Da “Prima luce”, 1 – Derek WalcottNon riesco a ricordare il nome di quella città costiera
ma tremava di folla estiva, bandiere, e la fiera
con caffè gremiti e molto francesi, decisamente arguti,
come forse tutta l’Europa seduta all’aria aperta
pennellata a chiazze dal sole come Monet quell’estate
con la spiaggia ampia e grigia, ah sì! È vicina
a Dinard, una città coi trattini, mi pare in Normandia
o in Bretagna, e la marea si ritirava e la sabbia striata
era immensa. Stavo abitando una cartolina.
L’aria era fredda, ma ho fatto un buon acquerello,
e sta lì appeso al muro. E anche se è datato,
il tempo scorre sulla sua superficie ma nulla ne muta
il movimento, la bassa marea senza nubi, le figurine
in lontananza, l’uomo che porta a spasso il suo cane.
Tinte e pennellate hanno eluso il tempo. Eppure, ti estrania.
Ormai, così tante morti, niente meno di un massacro
da parte della falce selvaggia che cieca abbatte amici, fiori, erba,
mentre la città costiera delle tombe espande i suoi cari
e l’unica arte rimasta è la preparazione della grazia.
Quindi, per il mio Hic iacet, il mio epitaffio: “Qui giace
D.W. Questo è un bel posto per morire”. E lo era davvero.
da Derek Walcott, Nelle vene del mare, a cura di Matteo Campagnoli
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti
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