dipinto di Marion Tubiana
da “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” - Luis Sepúlveda«Mamma! Mamma!» tornò a stridere il piccolo ormai fuori dall’uovo. Era bianco come il latte, e delle piume sottili, rade e corte gli coprivano alla meglio il corpo. Cercò di fare qualche passo, ma crollò accanto alla pancia di Zorba.
«Mamma! Ho fame!» stridette beccandogli la pelliccia.
Cosa poteva dargli da mangiare? Diderot non aveva miagolato nulla su questo argomento. Sapeva che i gabbiani si nutrono di pesce, ma dove lo trovava lui adesso un pezzo di pesce? Zorba corse in cucina e tornò indietro facendo rotolare una mela.
Il pulcino si rialzò sulle zampe traballanti e si precipitò sulla frutta. Il piccolo becco giallo toccò la buccia, si piegò come fosse stato di gomma e, quando poi si raddrizzò di nuovo, catapultò il pulcino all’indietro facendolo cadere.
«Ho fame!» stridette arrabbiato. «Mamma! Ho fame!»
Zorba tentò di fargli beccare una patata, qualche croccantino - con la famiglia in vacanza non c’era molto da scegliere! -, rimpiangendo di aver vuotato la sua ciotola di cibo prima della nascita del piccolo. Fu tutto inutile.
Il piccolo becco era molto morbido e si piegava al contatto con la patata.
Allora, in preda alla disperazione, ricordò che il pulcino era un uccello e che gli uccelli mangiano gli insetti.
Traduzione di Ilide Carmignani
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