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11 marzo 2019

Miei signori anfitrioni - Marta Fabiani

Miei signori anfitrioni - Marta Fabiani

Eh sì eh sì
miei signori anfitrioni
quando ero un poco linfatica

e appena mestruata, e impallidivo
di fronte alle prodezze
delle dame secolari, e mi scoprivo
le cosce, che erano sublimi, ma, ahimè, ancora
così poco espressive,
al bar, al ristorante, c'eravate
grossi tonanti burberi, pronti a dire
tra una birra e un tramezzino
“roba da marchette” oppure
“tuo fratello marchettaro”.
Adesso mi tocca ascoltare le vostre battute
dolorante di spalle, sotto il peso
di un'influenza cronica, ancora
incespicante per via di una moda
da riflesso condizionato malappreso
e rimpinzarvi
di allusive occhiate disilluse, e accarezzare
i vostri cani chow–chow, le penne stilografiche
perché una bocca spalancata di stupore
se le accaparri, a una voglia
subito gratificata in cambio di una barzelletta
comari, uccelli con le ali, vulve birichine
niente è cambiato, niente, tranne questo tic
invisibile naturalmente, riportatemi
alla parola caduta in disgrazia
all'insolenza desueta, più sicura
più sicura della vostra
camerata.

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