La poesia di Grazia Fresu - Enzo Montano
Da
qualche tempo avevo intenzione di scrivere qualcosa sulla poesia di Grazia
Fresu. Bravissima Poetessa. Scrittrice, Docente. Amica.
Finalmente
ero riuscito a chiudere una nota, ma dopo averla riletta, ho cancellato tutto.
Mi sono reso conto, infatti, che non avevo parlato della poesia di Grazia ma
dei suoi aspetti secondari quali: ritmo, equilibrio, ricerca lessicale,
costruzione del verso, endecasillabi, settenari, ecc. In sostanza, avevo
indossato i vestiti di un critico dilettante, senza esserlo, senza volerlo
essere, che provava a fare il dotto con citazioni filosofico - esistenziali,
parallelismi, ecc.
Non
era quello che volevo dire, non è quello che merita la poesia di Grazia Fresu.
Quindi
ho ricominciato daccapo cercando di vestire esclusivamente i panni del lettore
curioso che ha voglia di entrare nei versi, o di provare a farlo, per
immergersi nelle atmosfere della corposa ricerca poetica della poetessa.
Alla
fine è venuto fuori questa nota della cui limitatezza, rispetto all’ampia
produzione, spero non me ne voglia Grazia Fresu.
Le
poesie di Grazia sono come spartiti di ritmiche melodie con le parole in danza
e che incitano alla danza. Ed è una danza che coinvolge, che ti affascina, ti
prende e ti accompagna nelle atmosfere innumerevoli delle tante vite vissute
sempre con passione dalle tante donne che la poetessa è stata, e continua a
essere.
Il
ritmo del verso è, per me, una forma di rapimento leggero ma irresistibile.
Spesso, nel leggere le poesie, mi sono sorpreso a muovermi, o muovere parti del
corpo: un piede, una gamba o le mani; esattamente come lo si fa ascoltando una
musica particolarmente cara, una di quei motivi che concorrono a formare la
colonna sonora di una vita. E leggere le poesie è come leggere gli stati
d’animo, le gioie e le asprezze di una vita intera, di tutta la vita della
cantrice. Dalle poesie emerge lo sterminato amore per il vivere i molteplici
aspetti della quotidianità. Ed è un amore totalizzante senza nessun compromesso
o filtro che divida nettamente il bello dal brutto, il bianco dal nero giacché
niente del vissuto è vano, tutto concorre alla nostra storia, fino alla morte,
essa stessa parte della vita.
A
proposito della musicalità dell’opera di Grazia Fresu, riporto un episodio
accaduto qualche anno fa, quando durante una serata dedicata alla poesia, fui
incaricato di scegliere un certo numero di composizioni poetiche che sarebbero
state lette da persone del pubblico. Nella selezione, naturalmente, c’erano
anche delle poesie di Grazia, la cui lettura fu affidata a un mio caro amico.
Avvenne, prima dell’inizio della serata, che questo mio amico volle provare a
leggere le poesie e accadde che durante la lettura incespicasse nei versi
poiché impostava la declamazione a modo di recita teatrale. Gli consigliai di
leggere i testi immaginando di danzare e di considerare le parole alla stregua
di note musicali. “La poesia di Grazia è danza – dissi – fai conto di ballare
seguendo un ritmo musicale a tua scelta”.
Il
mio amico riprese la lettura è andò spedito con estrema facilità. “Vero – mi
disse alla fine – sono poesie in danza”.
Proprio
così. Danzano i versi, danzano i ricordi, danzano i colori. E’ la vita stessa
che danza cercando di evitare le cadute più dolorose, o almeno di attutirle.
la
vita è un deltaplano
che
rischia di schiantarsi
e
non volare,
la
vita è tutto
il
bene che hai voluto,
la
vita è tutto
il
male che sai fare.
Grazia
Fresu canta. E canta la sua vita. Grazia è tutte le donne che, in se stessa, la
vita ha trasformato ed è anche le donne con cui ha vissuto e quelle che ha
incontrato: la madre e la sorella innanzi tutto ma anche tutte le sue amiche
che con lei hanno condiviso scampoli di vita. Scampoli talvolta piccolissimi,
insignificanti per i più, ma non per la poetessa capace di trasformare gli
attimi in pietre preziose e poi figurarli in passi di danza e in ogni danza vi
si può trovare un ricordo della vita vissuta con pienezza, cui ci si è donati
senza compromessi. Sono attimi conservati gelosamente in un catalogo ben
custodito in uno dei cassetti della memoria.
Ogni
poesia un frammento, un ricordo vivido, una canzone ai giorni passati ma mai
lasciati andare, parte di una vita intensa che grida il suo posto nella
memoria. Ricordi che non saranno mai solo parti di un nostalgico passato ma
elementi della pienezza del presente.
o
canto, quel canto
che
s’inserta nel tempo
distrugge
gli orologi risolve le attese
resiste
ai colpi e all’oblio?
Resistono
i ricordi all’oblio perché il passato vive nel presente giacché ognuno di noi è
anche quello che è stato, forse lo è in maniera preponderante. I ricordi dei
profumi, dei suoni, delle voci, delle speranze e delle sofferenze sono addosso
a Grazia. Sono quel vestito prezioso cucito sulla pelle che non si può
dismettere.
E se
c’è una donna capace di ostentare i fulgidi vessilli di una vita, quella donna
è Grazia Fresu, tanto innamorata della vita, di ogni fase dell’esistenza fino
al punto, come accennato prima, di aver fatto pace con la morte. Di non
temerla. Di aspettarla, anzi, come si può aspettare una festa.
Mi
avvicino vestita dei mie amori,
del
mio canto azzurro di sirena,
del
passo a volte stanco,
mi
avvicino vivendo
il
viaggio e l’ammarare,
rido
del riso
e
piango del mio pianto,
imparo
a abbandonare
le
bussole anche il pane
la
paura del dubbio.
L’ultima
porta, davanti alla quale Grazia si avvicina con estrema leggerezza portando
con sé, appunto, tutto ciò che è stata senza nessun rimpianto.
L’Ultima
Porta
chiuderà
il mio tempo
tripudio
d’abbandoni
nell’assolo
che incanta
il
mio volo placato
dipingerà
il sipario della sera.
Uno
degli aspetti centrali, a mio parere, della ricerca poetica è un immenso inno
alla donna, alla sua essenza, al piacere di essere donna e femmina con orgoglio
e anche con lo stupore riservato all’altra metà del cielo che, colpevolmente,
spesso non sa cogliere la grandezza meravigliosa delle donne; incapace di
comprenderne la poliedricità, la fantasia, la duttilità, la creatività, la
determinazione. Il mistero.
E
Grazia canta. Canta nel Mediterraneo, nella sua Sardegna. Canta i suoi versi
che sorvolano l’oceano per giungere in America Latina, per poi tornare
indietro. Canta la bellezza dello stare insieme tra donne.
Canta
nella magnifica Sheherazade la voglia di essere e di saper illuminare gli
angoli più oscuri del nostro essere, di togliere i veli della polvere
sedimentati dal tempo. In questo, nell’esigenza, cioè, di andare oltre il
presente, oltre i suoi confini talvolta angusti, alcune poesie la avvicinano a
Kavafis sia nella narrazione e sia nella musicalità.
Vanto
dell'esser femmina potente,
maestra
della sfinge e dei confini,
(…)
per
una sera voglio amarti e stare
sultano
e mendicante per le vie
delle
tue storie strane, non cessare,
Sheherazade,
di dare al mio tormento
il
tuo fatale lenimento di eroica
resistenza,
il tuo narrare
di
leggende gentili, di padroni sconfitti
e
spodestati da segni
di
magie troppo lontane,
poiché
sei tu diversa, Sheherazade
(…)
Sheherazade
esaltò le sue sorelle
nell'armonia
che intatte le conduce,
con
la mente evocò tutti i tormenti,
le
perdite, le attese,l le speranze,
i
traviamenti, i limiti, il dolore
e di
nuovo lo tenne nel cerchio
di
quel calore offeso come ottenne
tra
le labbra di femmina
ogni
senso.
Ma
ci sono due stupende composizioni che mi hanno fatto innamorare della poesia di
Grazia Fresu, oltre a quella appena citata: Corpi di donne e Le mie amiche son
belle.
Corpi
di donne mappe di vita
consacrati
nell’acqua e sangue
grida
materne e carezze
con
mani lacrime e voci
(…)
Questi
corpi nostri come bandiere,
come
versi, come cristalli
battendo
al ritmo del mondo
si
liberano e esistono.
Cosa
“Corpi di donna” se non un meraviglioso, bellissimo inno al mistero
affascinante dell’essere donna?
Le
mie amiche son belle,
hanno
sorrisi che trafiggono il tempo,
portano
appesa al collo una collana
di
granati splendenti e di dolori,
(…)
profumano
di storie e di coraggio
mentre
per strade ignote se ne vanno
negli
archivi della memoria
pronte
all'andamento
perverso
del ricordo,
Le
ama la magnolia, il cardellino,
la
chitarra che suona,
l'aquilone
guidato verso il cielo
dalla
mano sapiente di un bambino,
il
mio verso le ama,
le
ama un uomo e a volte non le ama,
ma
sempre belle e intatte
se
ne stanno nell'intesa segreta
e in
ciò che sanno.
E
cosa, questa bellissima “Le mie amiche son belle” se non un dolce canto alle
amiche non solo perché amiche ma soprattutto perché donne-amiche, o sorelle
dell’anima.
Nell’opera
di Grazia, nelle sue note composte da parole, c’è la persona che è diventata nel
suo percorrere. Come nel cammino di ognuno di noi, sono presenti i miti, gli
amori, i dolori, le conquiste, i sogni, le delusioni, le letture, gli autori
preferiti. Ci sono in lei tutte quelle cose che si assorbono semplicemente
vivendo. La differenza tra il poeta e chi non riesce, o non vuole, esserlo, è
quello che Grazia Fresu sa fare in maniera magistrale: narrare in versi quello
che dal vissuto ha assorbito voracemente, compreso quello che è magia o segreto
misterioso.
con
il leggere segreto
che
penetra i misteri,
questa
mia vita
che
tesse ancora
tutto
il suo valore
che
canta
e si
regala
gli
ornamenti
La
risposta a una sua domanda, che è anche il titolo di una sua raccolta: Come ti
canto, vita? è nelle bellissime poesie.
Come
ti canto, vita,
danza
dell’impossibile
alimento
dell’eterno
e
del tempo?
Continua
a scrivere le tue danze, Grazia, continua a innalzare i vessilli, tutti,
colorati o meno, gioiosi e dolorosi, insieme, dell’esistenza.
La
vita si canta come lo fai tu.
Grazia
Fresu ha pubblicato le seguenti raccolte poetiche
Il
Canto di Sheherazade - Edizione Il nuovo Giornale dei Poeti, Roma, 1996
Dal
mio cuore al mio tempo – Firenze Libri, 12/03/2010
Come
ti canto, vita? - Bastogi Editore, 27/09/2013
L’amore
Addosso - Bastogi Editore, 21/01/2017